29 Giugno 2020

Consiglio d’Europa: l’Italia viola i diritti delle donne sul lavoro

Consiglio d'europa

Consiglio d’Europa: Italia bocciata, “ha violato i diritti delle donne nella promozione di uguali opportunità per quanto concerne una pari retribuzione”

Il Comitato europeo dei diritti sociali (Ceds) del Consiglio d’Europa ha rilevato che le donne in Italia non ricevono dallo Stato misure adeguate per poter avere le stesse opportunità degli uomini nel mercato del lavoro. Il tasto è dolente specialmente per quanto riguarda le retribuzioni: gli stipendi delle donne in Italia, infatti, sono molto inferiori rispetto a quelli degli uomini parità di lavoro svolto.

Il reclamo è stato presentato dall’ong “University Women of Europe” che contestava a 15 dei 47 Stati membri dell’organizzazione paneuropea di non rispettare il diritto delle donne alla parità di retribuzione e alle pari opportunità professionali.

Secondo il Consiglio: “l’Italia ha violato i diritti delle donne perché ha fatto insufficienti progressi misurabili nel promuovere uguali opportunità per quanto concerne una pari retribuzione”.

LA RICERCA – la ricerca ha coinvolto 11 Stati: Italia, Belgio, Bulgaria, Cipro, Croazia, Svezia, Finlandia, Francia, Grecia, Irlanda, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Repubblica Ceca e Slovenia. Tra questi, l’unica Nazione promossa è stata la Svezia. Le falle secondo Strasburgo non sono da attribuire alla legislazione ma alla mancanza di misure e politiche per raggiungere l’effettiva parità tra uomini e donne. In Italia lo stesso governo ha riconosciuto che mancano misure positive per riconciliare la vita personale e professionale.

Secondo Marija Pejcinovic Buric, segretaria generale del Consiglio d’Europa: “Il divario retributivo tra donne e uomini è inaccettabile, eppure continua a rappresentare uno dei principali ostacoli al conseguimento di una reale uguaglianza nelle società moderne” “I governi europei devono intensificare urgentemente gli sforzi per garantire le pari opportunità professionali”.

La strada per la parità, quindi, resta ancora lunga specialmente in Italia.

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Fonte La Repubblica

 

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