23 Ottobre 2016

Il CIS di Nola sta morendo, ma nessuno lo dice

Il Cis di Nola

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Il CIS di Nola sta lentamente morendo, ma nessuno ne parla. Un recente articolo di Emilio d’Angelo su “Il Domenicale” ha reso attuale la questione. Ma la possibile morte di questo “gioiello dell’economia del Mezzogiorno”, non sembra interessare a nessuno.

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Il CIS di Nola sta lentamente morendo.

I nolani neanche lo sanno, né gli è nota la situazione di decine di lavoratori che rischiano il posto. Fallimenti continui e speculazioni sui debiti di imprenditori in difficoltà non arrivano alle orecchie dei cittadini, i quali rischiano di perdere un “gioiello” della loro economia.

A portare in auge la questione ci ha pensato il collega Emilio d’Angelo su Il Domenicale News. Come racconta il collega, il CIS, acronimo di Centro Ingrosso Sud, nacque nel 1986 dall’iniziativa di duecento aziende socie. Sono cresciute fino a trecento, ed hanno reso produttiva un’area di 500.000 mq.

Nel 1992 ospitarono Papa Giovanni Paolo II, che qui disse messa. Poi, quelli del CIS andarono in Fiera a Mosca. I russi, oggi, conoscono bene il CIS, e sono tanti quelli che ancora oggi vanno e vengono dalla terra di Putin per commerciare con le aziende del grande ufficio campano.

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Lo storico stemma del CIS

Nonostante questo, però, e nonostante il CIS fosse stato una delle principali fonti di introito del PIL campano, oggi le istituzioni lo hanno dimenticato.

Ai fallimenti nessuno si è opposto, né qualcuno è intervenuto di fronte alle cessioni di capannoni vuoti a società come ENEL Power ceduti a zero euro in cambio dell’azzeramento dei debiti.

Il CIS sembra insomma destinato a seguire il destino di tutto il resto del Sud. Quello che, come evidenzia D’Angelo nel suo articolo, deve morire proprio come Carlo Puca ha chiarito nel suo libro “Il Sud deve morire“.

Far circolare le notizie relative alle condizioni del CIS è il minimo che i giornalisti nolani possano fare oggi. Senza CIS, ricordiamolo, oggi non vi sarebbe stato né il “distretto“, né il Vulcano Buonol’Interporto di Nola.

Le banche si stanno impossessando di tutto, lì. E come sempre, pagano solo i più deboli.

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