24 Aprile 2020

25 Aprile è la liberazione d’Italia – Come si viveva a Napoli durante la Grande guerra?

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25 Aprile – Oggi racconteremo 4 storie che hanno accompagnato la liberazione dell’Italia dalla dittatura nazi-fascista

Il 25 Aprile è il giorno ufficiale della liberazione dell’Italia dalle oppressioni della dittatura nazi-fascista.

Festa nazionale e simbolo della vittoriosa lotta di resistenza militare e politica attuata dalle forze armate alleate, dall’Esercito Cobelligerante Italiano e dalle forze partigiane durante la seconda guerra mondiale che iniziò nel Settembre 1943.

I napoletani infatti, ricordano particolarmente il ’43, perché diedero vita ai primi moti di ribellione al fascismo attraverso le 4 Giornate di Napoli tra il 27 ed il 30 settembre 1943.

Napoli fu la prima, tra le grandi città europee, ad insorgere con successo contro l’occupazione tedesca.

Ed è proprio di Napoli che vogliamo parlarvi o meglio di quattro storie che ci accompagneranno oggi lungo il percorso che ha portato alla liberazione della città e di tutto il paese paese.

Sono quattro storie totali, ovvero che mostreranno luci e ombre di una liberazione che dimostreranno come l’uomo possa avere comunque, nonostante le buone intenzioni iniziali, anche un tornaconto violento, subdolo, incline agli sfoghi più primitivi del genere umano.

Sotto pressione e devastati

Nel 1943 i napoletani capirono subito che la guerra che si apprestavano a combattere, non sarebbe stata veloce come avevano promesso ma facciamo un passo indietro.

I bombardamenti degli inglesi a partire dal 1941 sulla città partenopea, furono devastanti, fisicamente e psicologicamente.

Bombardamenti che venivano attuati sistematicamente e con preavviso alla popolazione per dare si possibilità ai cittadini di rifugiarsi nei sotterranei della città, ricca di cunicoli e percorsi nel sottosuolo dovuti anche alla costruzione della ferrovia ma che di fatto sfinivano psicologicamente i cittadini che dovevano sopportare quotidianamente ore e ore di bombardamenti stipati al buio praticamente sotto la città.

Naturalmente i bombardamenti avevano come obiettivo tutti i target strategici economici e strutturali come la stazione centrale, il Polo Est con i suoi stabilimenti industriali e petroliferi.

E sistematicamente arrivavano anche gli aerei che lasciavano cadere sulla città migliaia di volantini, messaggi diretti ai cittadini partenopei dagli anglo-americani:

“Napoletani! Noi inglesi, che mai fummo in guerra con voi, vi mandiamo questo messaggio […]
Noi vogliamo solo la pace con voi.

Ma siamo costretti a bombardare la vostra città perché voi permettete ai tedeschi di servirsi del vostro porto.

Finché partono da Napoli navi cariche di armi e materiali tedeschi per le forze germaniche in Libia, Napoli sarà ripetutamente bombardata”.

Ci riuscirebbe davvero difficile immaginare 2 anni di bombardamenti, guerra in casa e impossibilità di avere un minimo di tranquillità anche a casa nostra nonostante questo mese e poco più di reclusione a causa del coronavirus

Nel 1943 le quattro giornate di Napoli avevano consegnato nelle mani delle truppe americane che intanto erano sbarcate a Salerno e alleate, una città allo stremo delle forze ma con pochi contingenti fascio-nazisti attivi sul territorio.

I tumulti a guerra finita avrebbero ad esempio ridato vita al valore degli scugnizzi, fin dalla fine del 1800 visti come piccoli delinquenti ma capaci di veri e propri assedi militari alle truppe tedesche.

Stiamo parlando di ragazzini dagli 8 ai 18 anni e uno di questi Gennaro Capuozzo (Gennarino) ne fu l’esempio lampante.

Una città allo stremo delle forze, con migliaia di vittime che vide nell’arrivo degli alleati l’occasione per riprendersi ciò che tedeschi e truppe fasciste gli avevano tolto.

Ma non fu così.

Sebbene gli alleati e gli americani in particolare furono accolti calorosamente, Napoli e molti napoletani non capirono il triste destino che la guerra aveva in serbo per loro: diventare retrovia in una guerra.

Con l’arrivo delle truppe alleate (la quinta armata guidata da Mark Clark), Napoli diventa un’immensa casa chiusa.

Clark si sente un vero e proprio governatore della città tanto che soggiorna in una villa lussuosa sul lungomare e usa come mezzo di trasporto un piccolo aereo che fa partire da via Caracciolo che diventa di fatto il suo aeroporto personale.

Tutto questo mentre i napoletani vivevano in uno stato di povertà devastante, ammassati a migliaia nei cunicoli e nei sotterranei delle città e a peggiorare le cose si aggiunse l’epidemia di tifo dovuto al proliferare dei pidocchi.

Gli alleati aiutano con prodotti chimici ad evitare il peggiorare dell’epidemia (soprattutto tra i soldati) ma non solo;

L’arrivo dei primi rifornimenti dagli Stati Uniti fanno conoscere al popolo napoletano la farina e il pane bianco, mai mangiato fino ad ora.

Inoltre cibo e accessori degli alleati divennero oggetti di vendita nel più grande mercato nero d’Europa.

Centinaia di bancaralle fiorivano ogni giorno per le strade della città con prodotti di ogni tipo, dalle chewingum alla farina, dalle caramelle ai teli dei paracaduti, trasformati in abiti da sposa.

Questo però sarà ininfluente sulla popolazione, la generazione dei bambini napoletani avrà un tasso di denutrizione impressionante e come se non bastasse l’entusiasmo dei primi giorni si trasformerà dopo poco in intolleranza reciproca…

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