22 Aprile 2021

“Trianon Opera”, il nuovo spettacolo di Roberto De Simone

Trianon Opera

Trianon Opera”, il nuovo spettacolo di Roberto De Simone nel ritrovato teatro pubblico di Forcella. L’Opera sarà trasmessa su Rai 5, venerdì 30 aprile

Prodotta dal teatro Trianon Viviani, in collaborazione con Scabec e fondazione Campania dei Festival – Campania teatro festival, l’Opera sarà trasmessa su Rai 5venerdì 30 aprile prossimo, alle 18, nell’àmbito della programmazione operistica della settimana a lui dedicata da Rai Cultura, dal 26 aprile.

Questo lavoro segna il ritorno del maestro napoletano nel teatro di Forcella – diretto artisticamente da Marisa Laurito – che aveva reinaugurato nel dicembre 2002 con la riscrittura melodrammatica di Eden teatro di Raffaele Viviani.
De Simone, che ha messo in scena Trianon Opera con Davide Iodice, per la regia televisiva di Claudia De Toma, spiega che lo spettacolo «innanzitutto intende essere una esplorazione storica e antropologica sulla religiosità napoletana sia a livello colto gesuitico, sia a livello popolare», attorno a un «documento scritto che fa da cardine esplorativo: l’opera Il vero Lume tra le ombre – più nota come La Cantata dei pastori – del drammaturgo gesuitico Andrea Perrucci, stampata nel 1698 e rappresentata in prima esecuzione in quello stesso anno».

La Cantata dei Pastori

L’autore si era già interessato alla Cantata con un allestimento nel 1974 al teatro san Ferdinando e con una versione televisiva nel 1977, prima produzione a colori della sede Rai di Napoli.
Un viaggio tra musica e teatro, tra cultura popolare e belcanto, che raccoglie celebri arie Trianon Opera locandinacome “Ah! non credea mirarti” dalla Sonnambula di Vincenzo Bellini al “Quando corpus” dallo Stabat Mater di Giovanni Battista Pergolesi. Tra gli intermezzi scenici, anche la versione fonetica de Il vero Lume tra l’Ombre di Andrea Perrucci, che racconta il viaggio di Giuseppe e Maria verso Betlemme. Una favola in bilico tra sacro e profano.

«Scritta in versi italiani e napoletani, la Cantata era rappresentata nel periodo natalizio, sia in teatri parrocchiali sia in teatri popolari, ad opera di attori amatoriali affiancati da attori professionisti, subendo modifiche, aggiunte, trasformazioni circensi, e ripubblicata anno per anno dalle diverse compagnie per tutto il Settecento, e poi nell’Ottocento da altre edizioni napoletane, documentandone la vitalità religiosa e rituale fino alla prima metà del Novecento, per poco più di duecentocinquanta anni».
<<La mia riscrittura di brani dell’opera si vale di una trasposizione con l’Ipa (International phonetic alphabet, cioè l’Alfabeto fonetico internazionale) del testo perrucciano, secondo la storica pronuncia orale dell’italiano da parte degli attori di tradizione napoletana, rendendone quasi incomprensibile il significato verbale, come si addice a un testo sacro» chiarisce De Simone.

La trama

La storia vede Maria Vergine e Giuseppe, rispettivamente interpretati da Michele Imparato e Pino Mauro, alla ricerca di un riparo sicuro a Betlemme, dove partorire il Bambin Gesù. Il loro viaggio viene ostacolato da Belfegor (Rosario Toscano), il demonio, con l’intento di impedire che il potere del bene arrivi sulla terra e che l’umanità si possa redimere dal peccato originale. Allo stesso tempo la coppia viene protetta dalla spada di Gabriello Arcangelo (Veronica D’Elia). Sia l’Arcangelo che il demonio, durante la vicenda, fanno ricorso a vari travestimenti, mostrandosi l’uno come viandante e sibilla e l’altro come masnadiero e tavernaio. A tali ben noti e sacri personaggi, se ne aggiungono altri di natura profana, come il vecchio pastore Armenzio (Antonio Buonomo) con il figlioletto Benino (Luca Lubrano), il pescatore Ruscellio (Biagio Musella), lo scrivano partenopeo Razzullo (Oscar Di Maio), inviato dall’imperatore a Betlemme per il censimento delle nascite.

«Alla fine spero di avere coniugato poeticamente – conclude il maestro De Simone –Storia e metastoria, scrittura e oralità, religiosità ufficiale e cristianesimo popolare, ricchezza della tradizione e degradato vuoto della contemporaneità teatrale, musicale e cinematografica; tuttavia, le musiche e le immagini televisive del presente melodramma vanno considerate come allegorie medievali e metafore multisignificanti».

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