1 Settembre 2016

Ingegner Capizzi consegna l’oro a Napoli

piscine castiglione

Ricordate l’episodio della piscina verde avvenuto alle Olimpiadi di Rio 2016? Il problema sembra essere stato risolto da un… napoletano.

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C’è un’altra medaglia, oltre le cinque di bronzo conquistate dai suoi atleti, che Napoli può appuntarsi al petto dopo le olimpiadi di Rio 2016. E’ quella, difficilissima, conquistata dall’ingegnere Giovanni Capizzi  autore di un prodigio da voto 10. E’ merito suo se l’acqua della piscina Maria Lenk da verdastra è tornata limpida e trasparente. Il suo intervento ha rappresentato l’extrema ratio, l’ultimo tentativo prima di alzare bandiera bianca. Oltre 30 anni di esperienza nel campo, collaborazioni con grandi aziende del panorama internazionale, Capizzi era probabilmente l’unico in grado di capire come risolvere un problema del genere. Originario di Mondragone ma napoletano di adozione, fa la spola tra l’Italia e Mosca, la sua seconda casa. Con la sua azienda, la Cag Chemical, può vantare una clientela di primissimo livello: dalla Santa Sede alla Nato, passando per la Casa Reale di Giordania e il Cremlino.

MISSION POSSIBLE –  E’ il 10 agosto quando il telefono dell’ingegner Capizzi squilla per una chiamata da Rio de Janeiro. Dall’altro lato il vicesindaco della metropoli brasiliana. Gli chiede di partire per il Sudamerica, dove lo attende una Mission Impossible: far tornare trasparente l’acqua della piscina che tanto imbarazzo sta creando all’organizzazione delle olimpiadi. Sfida difficile, quasi proibitiva, sulla carta. Ma non per un napoletano vero come Capizzi. Ci pensa il giusto, poi si imbarca. Il giorno dopo è già a Rio, accolto in gran segreto per motivi di sicurezza. «Ho alloggiato nella cittadella militare – spiega l’ingegnere -, lasciandola solo per raggiungere la piscina. Le misure di sicurezza erano molto stringenti». Il primo impatto con la piscina non è dei più rassicuranti. L’acqua è verde, i tecnici e gli inservienti sembrano aver perso le speranze, il morale di chi cura la piscina è sotto i piedi.

LA PAROLA ALL’ESPERTO – Capizzi non si fa prendere dal panico. Non è il momento. Rassicura tutti che il problema si risolverà. Non sa ancora come, ma ce la farà. In mano non ha molto altro oltre la fiducia nelle sue competenze. Inizia a lavorare sotto gli occhi del cappellano, del mullah e del rabbino del villaggio olimpico. Tutti uniti per invocare un aiuto divino. Ma la soluzione, più che dal cielo, arriva da Napoli. Un brevetto della Cag Chemical, l’Ale6, un cloro a sei funzioni. Dopo 14 ore di lavoro al giorno per 3 giorni, tra immersioni e rilievi, l’ingegnere risce nel suo intento: l’acqua riprende il colorito originario. E’ riuscito dove un mese di lavoro dei tecnici olimpici non era servito. Cos’era successo? «La temperatura della piscina era troppo alta, e questo portava a proliferare qualsiasi elemento si trovasse al suo interno. Il ph era sballato e c’erano una serie di altre criticità che avevano portato l’acqua della piscina a diventare verde».

GRAZIE DA O’ REY – E’ il 14 agosto quando il risoluzione del problema è oramai cosa sicura. Le gare di tuffi e nuoto sincronizzato sono salve. Le sincronette riescono a vedersi sott’acqua e a coordinarsi al meglio. Il miracolo è riuscito. L’organizzazione chiede a Capizzi di esprimere un desiderio, l’ingegnere napoletano, grande amante di Maradona, chiede di incontrare Pelé. Detto fatto. Si ritrova a cena con ‘O Rey che lo ringrazia e gli chiede una maglietta. Appena se la trova tra le mani, ci scrive: «Per il mio amico italiano, ingegnere esperto di acque, con gratitudine mia e del Brasile». Il 17 agosto Capizzi rientra in Italia, con una dedica indimenticabile su una maglia e una grande soddisfazione nel cuore. Altrove, a Rio, gli atleti gareggiano nelle acque che ha bonificato. Su Whatsapp gli arriva un messaggio. «Ingegnere, sulla Rai c’è la finale del tuffi dalla piattaforma dei 10 metri. La visibilità orizzontale sotto il pelo dell’acqua è di 25 metri, quella verticale pari a tutta la profondità di 8,37 metri. Dall’esterno vedono anche le mattonelle sbeccate. Ingegnere, con tutto il rispetto, forse, credo, abbia esagerato… Grazie». Il mittente è lo staff di Giovanni Malagò, presidente del Coni. Missione compiuta.

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