21 Ottobre 2020

Commercio: Napoli fanalino di coda per gli investimenti

Foto di Pexels da Pixabay

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Napoli la prima delle grandi città che destinano fondi alla crescita del commercio. Ecco tutti i dati messi a bilancio

Il commercio è di vitale importanza negli ultimi tempi anche a causa della pandemia da coronavirus che ha messo al tappeto molte economie locali e nazionali.

L’effetto Covid-19 sta continuando a pesare sulla nati-mortalità del sistema imprenditoriale italiano, dopo avere inciso negativamente sull’andamento dei primi tre mesi dell’anno.

Tra Aprile e Giugno prosegue, infatti, l’indebolimento della voglia di fare impresa degli italiani con 57.922 iscrizioni di nuove imprese contro le 92.150 del secondo trimestre 2019, il 37% in meno.

Contestualmente frenano, in misura ancora più accentuata, le cancellazioni che si attestano a 38.067 quest’anno rispetto alle 62.923 dell’anno precedente, il 39,5% in meno.

Da notare come al bilancio del trimestre abbia contribuito per circa un terzo (il 32,5%) la componente artigiana, che ha chiuso il periodo con un saldo attivo di 6.456 imprese (18.943 le iscrizioni di nuove imprese contro 12.487 cessazioni).

Questi i dati della relazione trimestrale Movimprese, condotta da Unioncamere e InfoCamere.

I dati tradotti sono eloquenti: Nel secondo trimestre dell’anno, l’Italia mostra il 37% in meno delle nuove imprese rispetto al 2.019 (Openpolis).

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Iscrizioni alle camere di commercio

Altro dato interessante riguarda l’iscrizione alle camere di commercio, termometro fondamentale per capire l’andamento del paese.

Tra aprile e giugno 2020 sono state iscritte alle camere di commercio 57.922 nuove imprese. Nello stesso periodo dell’anno scorso erano 92.150, con un calo di 34.228 unità. Nel secondo trimestre del 2013 il volume di iscrizioni e cessazioni di imprese in Italia era circa il doppio.

37% in meno le nuove imprese registrate nel secondo trimestre 2020, rispetto allo stesso periodo del 2019.

Le città più o meno felici

Per quanto riguarda le piccole imprese, chiaramente, la crisi è più evidente nelle città, perché a soffrire sono le attività di vendita al dettaglio come i negozi, le botteghe e le aziende legate alla ristorazione e all’intrattenimento.

Sappiamo che nei bilanci di ogni comune esiste una voce dedicata all’investimento degli enti locali per questo tipo di imprese.

Si chiama “Commercio, reti distributive e tutela dei consumatori” e comprende l’amministrazione e funzionamento delle attività e dei servizi relativi al settore della distribuzione, conservazione e magazzinaggio, e per la programmazione di interventi e progetti di sostegno e di sviluppo del commercio locale.

Il report stila una classifica in ordine delle città che spendono più in termini di investimento alle imprese e scopriamo che Trieste spende il doppio di tutte le più grandi città, 24,31 euro pro capite. Si tratta di una cifra doppia rispetto a tutte le altre città di dimensioni simili. Genova, seconda in classifica, investe infatti 12,64 euro pro capite, seguita da Firenze (11,58) e Venezia (9,23).

Napoli fanalino di coda

Napoli è il fanalino di coda, con 2,70 euro pro capite (Palermo e Catania non sono presenti in classifica con centri urbani di più di 20.000 abitanti, perché alla data di pubblicazione non risultano accessibili i rispettivi bilanci consuntivi 2018.)

Sia chiaro, i dati mostrano la spesa pro capite per cassa riportata nell’apposita voce di bilancio.

Spese maggiori o minori non implicano necessariamente una gestione positiva o negativa della materia.

Tra le città italiane con popolazione superiore a 200.000 abitanti, sono state considerate le 5 città che hanno speso di più nel 2018.

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