Iran, giorni di proteste per la morte di Mahsa Amini
IRAN – È trascorsa una settimana dalla morte della 22enne iraniana Mahsa Amini, per non aver indossato correttamente l’hijab. La ragazza era in visita nella capitale, Teheran, con la famiglia quando è stata fermata dalla polizia del buon costume per una ciocca di capelli che le spuntava dal velo. Tre giorni dopo Amini è stata dichiarata morta e nel Paese sono montate le proteste, soprattutto da parte delle giovani e dei giovani iraniani.
È dal 1979, con la rivoluzione khomeinista e con la nascita della Repubblica islamica dell’Iran che è in vigore una costituzione che segue la shari’a, la legge coranica: bevande alcoliche, gioco d’azzardo e prostituzione vietati, persecuzione contro gli omosessuali e pene di morte per chiunque assumesse comportamenti non conformi alla legge, tra cui l’imposizione del velo islamico.
In oltre quarant’anni, l’Iran ha conosciuto periodi più o meno tolleranti o estremamente conservatori. Con Gli avvenimenti degli ultimi giorni potrebbero essere “la goccia che fa traboccare il vaso”. Il 17 settembre i funerali della ragazza, nella sua città natale del Kurdistan iraniano, sono sfociati in scontri con la polizia, con un morto e decine di feriti. Le proteste e la repressione si sono poi estese al resto del paese. Il 19 settembre, a Teheran, gli studenti di tre università sono scesi in piazza.
Le proteste si fanno vive sui social
Sono centinaia i video di protesta sui social, in particolare di giovani donne che decidono di tagliarsi i capelli davanti alle telecamere per solidarietà a Mahsa Amini; alcune si bruciano perfino i capelli. E non mancano i video di donne in piazza che sfidano la “polizia morale”, togliendosi il velo incuranti delle conseguenze.
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