Ospedale delle bambole, la bottega incantata diventata museo
Tra “corsie del cuore” e “bambolatorio”, l’Ospedale delle bambole di Napoli si occupa da quattro generazioni del restauro di giocattoli e bambole
Una bottega con una piccola insegna in legno, una croce rossa su sfondo bianco e la scritta in stampatello “Ospedale delle bambole”: tutto ha inizio proprio da quel negozietto lungo il Decumano Inferiore. Quello che a prima vista può sembrare semplicemente una tipica bottega artigianale -anche se particolarmente suggestiva- è, infatti, un pezzo di storia di Napoli. Una storia, quella dell’Ospedale delle bambole, che ha accompagnato ben quattro generazioni.
Alla fine del 1800 Luigi Grassi, scenografo al Teatro San Carlo di Napoli, iniziò a costruire e riparare, tra una scena e l’altra, giocattoli e bambole nel suo laboratorio in via San Biagio dei Librai. Il suo era un laboratorio così eccentrico da non poter passare inosservato.
«Un giorno una mamma entrò nella sua bottega con una bambola rotta tra le braccia e implorò l’artigiano di aggiustarla. Luigi, sorridendo sicuro nel camice bianco che indossava per non sporcarsi durante il lavoro, rassicurò la donna: la sua bambola sarebbe tornata come nuova. Così, trascorsa qualche settimana la signora ritornò nella bottega e vide la bambola completamente guarita: “Dottore grazie, la mia bambina sarà felicissima, le dirò che sono andata da un mago per far guarire la sua bambola del cuore”» racconta Tiziana Grassi, figlia dell’attuale titolare del negozio.
Da lì a poco il laboratorio diventò un punto di riferimento per chiunque avesse avuto bisogno di ridare nuova vita ai propri ricordi d’infanzia.
Ma perché proprio Ospedale delle bambole?
Pare che ad aver ispirato Luigi Grassi sia stato un commento di un passante: “Me pare proprio ‘o spitale de’ bambule”, appunto.
Detto fatto, il semplice laboratorio si trasforma in una bottega che diventa sempre più rinomata anche grazie ai figli di Luigi che integrano al mestiere di restauratore di bambole anche quello di statuine e affini.
L’Ospedale delle bambole diventa così’ un luogo fuori dal tempo.
Gambe, braccia, teste penzolano ovunque in attesa di ritrovare il proprio posto. Peluche con un occhio in meno, giocattoli sonori, passatempi d’epoca giacciono sugli scaffali prima di tornare all’antico splendore. Bambole di porcellana con qualche arto mancante qui e là aspettano il proprio turno assieme a pastori, Madonne e pupi siciliani. Le epoche si susseguono e si confondono sulle mensole, scandite dai diversi materiali e dalle nuove tecniche di restauro utilizzate.
Da laboratorio a bottega, quindi, e da bottega a museo, con tanto di percorsi didattici e stages. È così che l’Ospedale delle bambole continua a donare sorrisi a chi è ancora bambino e a chi non lo è più, riportando in vita non solo bambole o giocattoli, ma ricordi ed emozioni.
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