No, l’epidemia di coronavirus in Cina potrebbe non essersi fermata, ecco perché
Da qualche giorno corrono le notizie di ultimi casi di coronavirus scoperti in Cina e immagini di giubilo ma è davvero così?
Partiamo dallo start. Il coronavirus era in Cina già a Novembre.
Un ricercatore e medico aveva scoperto questo ceppo mettendo in allerta le autorità e la comunità scientifica.
La scoperta era avvenuta tramite un’esplosione di decessi di polmonite atipica in tutta la regione dell’Hubei.
Quanto è grande la regione cinese?
Per capire le reali dimensioni di questa regione, prendiamo come esempio lo stato italiano che misura complessivamente 301.338 km² a fronte della regione cinese che misura 185 900 km², dunque parliamo di una “porzione” di Cina che misura più della metà di tutta l’Italia.
Il ricercatore in questione, Zhang Yongzhen aveva un laboratorio a Wuhan in cui aveva iniziato a studiare questi casi.
Dopo l’esplosione del primo focolaio di coronavirus, il governo cinese ha deciso di chiudere al professore il laboratorio in cui lavorava e gli è stata tolta la possibilità di continuare a curare i malati e studiare cure alternative insieme ai suoi colleghi.
Dal momento in cui la Cina ha posto in quarantena tutto lo stato, le notizie che hanno ricevuto le testate internazionali erano e sono tutt’ora filtrate solo ed esclusivamente dal governo cinese.
Stando a quanto riportato da EpochTimes, il coronavirus non si sembrerebbe essersi fermato alle porte delle grandi città cinesi anzi, l’epidemia sarebbe ancora in atto e sta attraversando tutto il paese nonostante il governo e le amministrazioni provinciali continuino a sostenere che la crescita dei casi sia pari a zero.
Questo fatto sta inquietando la comunità medica internazionale e alcuni organi occidentali hanno cominciato a denunciare alle autorità preposte, violazioni dei diritti umani da parte della Cina.
Come abbiamo già raccontato in questo articolo però, nonostante il blocco quasi totale di internet e la reclusione forzata nelle case, qualcuno riesce ancora a comunicare con l’esterno e le interviste che cominciano a circolare non sono delle più rassicuranti.
Una di queste parla di un quadro di Shanghai, Li Ling che sulle pagine di EpochTimes, racconta come proprio a lui e molti altri amici e colleghi gli è ancora vietato di andare a lavoro:
“È spaventoso lavorare nella nostra azienda. Ci sono persone in tuta protettiva come in ospedale. Bisogna passare attraverso ogni genere di controllo.
All’ingresso viene controllata la temperatura a tutti, mentre l’ascensore si deve prendere singolarmente.
Per tornare a lavorare bisogna fare richiesta alle autorità distrettuali, poi l’azienda deve confermare la richiesta per essere certi che tu stia bene.
Nell’azienda viene utilizzato un sistema di schede perforate per il controllo sanitario. Io sono stato controllato per venti giorni di seguito. Se risulti essere sano il distretto di Luwan approverà la richiesta.
Naturalmente se si finisce in quarantena non si potranno timbrare le schede perforate.
In pratica, si può tornare al lavoro solo dopo che si rimane in buona salute per 28 giorni consecutivi. Ma gradualmente diventerà più facile richiedere i documenti, incluso il permesso per tornare a lavorare e il pass per entrare e uscire [dal proprio consorzio residenziale, ndt].
I direttori generali e le alte cariche sono stati i primi a tornare al lavoro.
Una settimana dopo è stato il turno di quelli come me (i manager di livello intermedio). Le persone di grado inferiore non sono ancora tornate.
L’azienda è molto impegnata. Il governo locale richiede riunioni ogni giorno, ci dà un sacco di filo da torcere ed è molto fastidioso”.
Per spostarsi da una città all’altra bisogna obbligatoriamente sottoporsi a una quarantena di 14 giorni.
Senza un lasciapassare non si va da nessuna parte, nemmeno fuori dal proprio condominio. Per uscire si ha bisogno di un pass. Senza non ti fanno uscire.
L’azienda opera solo parzialmente, è impossibile riprendere completamente il lavoro. Solo le aziende che si occupano dei beni di prima necessita hanno potuto riaprire completamente.
Attualmente i complessi residenziali di Shanghai sono chiusi. I residenti possono uscire solo per comprare da mangiare.
Il pass consente di entrare e uscire ad una sola persona per famiglia, una volta ogni due giorni. Ogni famiglia ha due pass, ma comunque può uscire solo una persona ogni due giorni.
Generalmente i prodotti alimentari vengono ordinati online, sebbene alcuni vadano al supermercato.
Quando all’inizio le limitazioni erano ancora più severe, si poteva ordinare solo online. Ora le consegne non vengono più distribuite dentro al complesso residenziale, ma bisogna ritirarle all’ingresso del complesso.
Ora ci sono anche i pass per girare in automobile a Shanghai, cosi che certe persone possano andare al lavoro. Per le persone di Shanghai in questo momento la propria salute è più importante di ogni altra cosa. Nessuno andrebbe in giro in macchina se non per lavorare.
A causa del coronavirus nostro ritorno al lavoro è stato ritardato più e più volte.
In origine era stato stabilito che avremmo ripreso il lavoro all’inizio di febbraio, ma poi il ritorno è stato posticipato; l’azienda ci ha comunicato via e-mail di non tornare al lavoro fino alla settimana successiva.
La nostra e-mail era chiara: tornate a lavorare il 17 febbraio. Tuttavia, molti sono arrivati da fuori città il 10 febbraio, quindi l’azienda ha ritenuto che non potessero lavorare e ha chiesto loro di aspettare 14 giorni prima di iniziare. Perciò hanno dovuto porsi in auto isolamento nei propri appartamenti.
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