22 Aprile 2020

Montagner: perché un premio nobel spara bufale?

montagnier

Un bombardamento continuo ci spinge sempre più ad idolatrare il singolo opinionista che dice ciò che vogliamo sentirci dire – Il caso Montagner

Montagnier – Premio Nobel, dunque impossibile da criticare perché lui ne sa più di tutti…

Ecco, idolatrare una persona solo perché insignito di un onorificenza e soprattutto perché dice ciò che vogliamo sentirci dire (e non ciò che uno scienziato dovrebbe dire).

Perché Montagnier è “quello che ha scoperto l’HIV” (di questo ne parleremo tra un po’).

Perché il casus belli, ovvero la conferma e la certezza che il sarscovid-19 sia stato replicato in laboratorio, viene proprio da una forma così illustre e dunque teoria sacrosanta.

Appunto, teoria.

Perché la prova che il coronavirus sia stato architettato in un laboratorio non ha nessun fondamento scientifico.

Ma potremmo dirvi tranquillamente che lo scienziato in questione è lo stesso che quell’ HIV voleva curarlo con un mix di integratori e dieta alimentare.

A questo potremmo aggiungerci le teorie sull’omeopatia o sulla memoria dell’acqua ma appunto, stiamo parlando di teorie…

Ma di Montagnier parleremo poco, ci soffermeremo più su un concetto del tutto umano: credere in qualcosa perché ritenere influente la persona che ne parla piuttosto che il concetto in sé.

Una teoria strampalata

Proprio ieri su Facebook, ha deciso di parlare uno dei ricercatori che ha lavorato con Montagnier: Alberto Beretta.

Ricercatore italiano che ha collaborato con il premio nobel al Pasteur di Parigi e che offre una spiegazione scientifica che dimostra come la teoria di Montagnier sia del tutto strampalata (la versione completa potrete leggerla qui).

“Pochissime parole per spiegare che l’idea che qualche ricercatore abbia pensato di utilizzare il nuovo coronavirus per “costruire” un vaccino contro l’HIV è semplicemente ridicola.

Per un solo motivo: nessuno sa se e come il coronavirus (SARS-Cov-2) sia in grado di indurre una risposta immunitaria protettiva (come gli anticorpi che tutti siamo in attesa di testare).

Pertanto è assurdo pensare che qualcuno abbia modificato il virus per poterlo utilizzare come vaccino.

Mi fermo qui e lascio agli altri colleghi più competenti in materia l’onere degli approfondimenti. Tenete però presente che Montagnier non ha pubblicato nessun dato che ci permetta di approfondire la sua ipotesi”.

HIV e il titolo poco meritato

Per quanto riguarda chi sia realmente Montagnier invece, Beretta offre spunti con il ricordo dei suoi anni di collaborazione:

“Vorrei però darvi qualche spiegazione sul perché, secondo me, Montagnier si è lanciato in una dichiarazione così apparentemente sconvolgente (e platealmente falsa).

L’ho conosciuto nel 1984, quando ero ricercatore al Pasteur in un laboratorio vicino al suo.

E con lui ho conosciuto tutto il team di ricercatori che ha contribuito all’isolamento del virus fra i quali Francoise Barre.

Sinoussi, la ricercatrice che ha isolato il virus e che ha ricevuto insieme a lui il premio Nobel nel 2008.

Jean Claude Chermann, il ricercatore che insieme a Francoise aveva messo a punto il sistema di rilevamento del virus.

Willy Rosenbaum, il medico che ha riconosciuto il primo paziente e ha avuto l’idea di togliergli il linfonodo e portarlo al laboratorio del Pasteur per vedere se conteneva il virus.

Simon Wein-Obson, il biologo molecolare che ha per primo sequenziato il virus e molti altri.

Senza voler togliere nulla a Montagnier vi posso però assicurare che senza quel team non sarebbe andato molto lontano.

E’ normale, la ricerca è un lavoro di team.

Il problema è che lui non ha mai voluto ammetterlo.

Ha sempre accentrato l’attenzione dei media solo su sè stesso, spesso impedendo ai suoi collaboratori di comunicare i loro risultati e le loro idee, o semplicemente contraddire le sue.

Altro stile a altra qualità quelli di Francoise, sempre silenziosa, mai davanti ai riflettori ma sempre in laboratorio a lavorare.

In quegli anni la gente moriva di AIDS e molti di loro guardavano a Parigi in attesa di avere le ultime notizie per capire se potevano sperare.

Montagnier aveva una vasta audience.

Cosa è successo negli anni successivi? Il team si è sciolto, la maggior parte dei ricercatori ha seguito una strada indipendente e Montagnier ha intrapreso una sua strada personale di ricerca che molto raramente lo ha portato a risultati concreti”.

Dopo il Premio Nobel

“Nel 2008 è stato insignito del più alto riconoscimento per uno scienziato, il premio Nobel.

Da allora si è esibito in dichiarazioni pubbliche a dir poco sconcertanti spesso citando il famoso premio come se gli desse l’autorizzazione a dire qualsiasi cosa senza preoccuparsi di dimostrarla con metodi scientifici.

Obbiettivo unico: guadagnare visibilità.

Mezzi: qualunque, anche le storie più incredibili come quando ha convocato una troupe televisiva per dimostrare che riusciva a teletrasportare le informazioni genetiche grazie alla memoria dell’acqua, lavoro che gli frutterà un grosso seguito nell’ambiente della medicina omeopatica.

O come quando dichiarò urbis et orbis che con la papaya fermentata curava il Parkinson (quello di cui soffriva Papa Giovanni Paolo II che sarebbe stato guarito dal miracoloso rimedio) e preveniva l’influenza.

Fino all’ultima delle sparate, arrivata in un momento di visibile declino mediatico, quella che avete sentito ieri.

E’ importante notare che Montagnier da anni ormai non ha un laboratorio nel quale fare le sue ricerche, e che tutti i suoi ex-collaboratori lo hanno abbandonato.

Non solo, non ha nessuna dimestichezza con le tecniche di bioinformatica che permettono di analizzare le sequenze degli acidi nucleici dei virus. Insomma non si capisce veramente dove e come abbia potuto trovare conferma alla sua ipotesi.

Il mondo della ricerca è coeso su un principio fondante: a ogni ipotesi deve corrispondere un metodo sperimentale di verifica senza il quale l’ipotesi, per bella o strana che sia, non vale niente. Tutti ci atteniamo a questo principio. Lui no.”

Un bombardamento mediatico incessante

Dunque, soffermarci sul contenuto piuttosto che su chi abbia offerto quel contenuto, in un mondo dove la contro informazione, fake news e “falsi positivi”, sono visti come verità assolute o “altre verità”, è fondamentale.

Errore fondamentale che facciamo tutti infatti, è dare sempre più potenza all’informazione data, quanto è più potente il personaggio che la offre.

Nel caso di Montagnier, lo scienziato premio Nobel, dunque “uno come lui non può sbagliare” (Albert Einstein credeva nella chiaroveggenza e nel paranormale, immaginate se oggi avesse fatto una dichiarazione del genere…).

Come spiegato da Beretta, la scienza di concetto non ha sicurezze dunque sarà molto difficile ascoltare un ricercatore o uno scienziato che ne dia (il condizionale è sempre d’obbligo).

In questo piccolo spiraglio di “incertezza scientifica”, si insinuano personaggi come Montagnier che sapranno offrire alla popolazione un punto di vista retorico e tutt’altro che scientifico, populista e proiettato alla fama.

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