27 Dicembre 2015

Made in Jail, una nuova moda?

carcere di Avellino

Made in Jail – una bella iniziativa per rieducare al lavoro e alle professioni coloro che, usciti dalle mura carcerarie, non avrebbero avuto altre alternative che il ritorno alla delinquenza

[ads1]

Le carceri, spesso sono considerate come un luogo in cui una persona si annulla, perde la dignità diventando semplicemente uno scarto della società che, tornato in libertà, non merita di esservi reinserito.

Eppure esistono delle realtà carcerarie che sono assolutamente contrarie a questa concezione del “galeotto irrecuperabile”. Si tratta di alcuni penitenziari in giro per l’Italia (da Venezia a Torino, da Rebibbia a Pozzuoli) che si propongono di dare una seconda possibilità a chi ha commesso errori nella propria vita, di carcereinsegnargli dei valori che, a causa del contesto da cui provengono, non hanno mai potuto acquisire. Sono stati i detenuti di Rebibbia, nel lontano 1983, a dare il via all’iniziativa del “Made in Jail”, creando un’associazione che produceva T-shirt e felpe, ma non solo: questa cooperativa leader che da 35 anni opera nel settore dolciario è la Banda Biscotti, “condannati a creare dolcezze”.

Il loro scopo è dimostrare che sono capaci di fare degli ottimi biscotti, ma soprattutto di far cambiare idea sul carcere e sulle persone che lo abitano.

Le “Lazzarelle” del carcere femminile di Pozzuoli, invece, si dedicano alla realizzazione del caffè, che tostano con l’antica tecnica dei maestri torrefattori napoletani. Il progetto si propone anche di combattere un problema, purtroppo, molto comune,quale la sottoccupazione femminile.

Il fine di questo progetto si pone l’obiettivo di rieducare al lavoro e alle professioni coloro che, usciti dalle mura carcerarie, non avrebbero avuto altre alternative che il ritorno alla delinquenza.

I prodotti creati da queste cooperative sono venduti su internet, sui siti di e-commerce ma anche in alcuni punti vendita specializzati.

[ads2]