10 Gennaio 2021

Elio Di Pace ci porta sul set del film “Natale in casa Cupiello”

Elio Di Pace ci porta sul set del film “Natale in casa Cupiello” di De Angelis. Non è mai troppo tardi per rivivere le emozioni del cuore…

Lo scorso 22 dicembre è andato in onda il film “Natale in casa Cupiello“, firmato dal regista Edoardo De Angelis.

La pellicola – tratta dall’intramontabile opera teatrale di Eduardo De Filippo – ha fatto subito il boom di ascolti, conquistando più di 5 milioni di spettatori pari al 23.9% di share.

Sono passati circa venti giorni dall’uscita del film, il Natale è finito e le emozioni di quella sera su Rai Uno non sono mai tramontate. Lo scenario, gli attori, il clima natalizio, il periodo storico ‘sospeso’ che sembra avvicinarsi all’anno passato e la frase “Te piace ‘o presepe?” hanno acceso la voglia di immergerci ancor di più in una storia senza pari.

Ad aiutarci in questa avventura è Elio Di Pace, operatore di backstage del film “Natale in casa Cupiello“.

Elio Di Pace – classe 1988 – cresce poeticamente nell’arte. Laureato in Scienze dello Spettacolo e della Produzione Multimediale presso l’Università degli Studi di Salerno, ad oggi è autore di documentari, cortometraggi e video musicali. Diviso tra Napoli e Roma, Elio ha dedicato il suo tempo a Napoli.Zon per raccontarci un po’ di lui e dell’avventura alle prese con la grande opera.

Elio Di Pace

Foto di Elio Di Pace durante le riprese del film “Natale in casa Cupiello”

Ecco l’intervista a Elio Di Pace.

A che età hai coltivato la passione per la fotografia? Credi che quest’arte sia un mezzo di comunicazione fondamentale?

La fotografia è una cosa che io mi sono ritrovato in casa – qualcosa di genetico diciamo – perché mio padre era giornalista e fotografo; lui si occupava di fotografia a livello storico e teorico. Io ci sono arrivato abbastanza tardi, devo dire la verità, però sono stato fortunato perché mi sono ritrovato la casa pieno di macchine fotografiche e libri di fotografia.

– Che rapporto hanno fotografia e musica nel cinema?

Il cinema è un’arte che ne comprende altre dentro di sé. Musica e fotografia sono strutturali, organiche, diciamo così. Poi ogni film è una storia a sé, il regista può decidere se rendere più preponderante una anziché l’altra; il regista può decidere se una deve giocare un ruolo più decisivo narrativamente rispetto all’altra. Credo che siano fondamentali.

– Non solo fotografia e spettacolo, ma anche giornalismo. Raccontaci un po’ di te e, soprattutto, qual è il tuo messaggio per le nuove generazioni che intendono percorrere questa strada?

Quando ho cominciato questo percorso – circa 12 anni fa più o meno – era diverso. Oggi i giornali cartacei sono in difficoltà, molti stanno chiudendo, evidentemente è l’epoca dell’informazione online. Quando ho cominciato io – insieme ai miei coetanei – ho fatto pratica con i giornali locali che ci affidavano lo spazio della cronaca, ad esempio. Adesso funziona in maniera diversa, addirittura penso che si possa anche bypassare la collaborazione con riviste o giornali online e fondare una testata propria, un blog immagino.

Stando al messaggio per le nuove generazioni, io cercherei comunque di non sottovalutare mai la qualità dell’informazione. Cercherei di non pensare mai che l’informazione sia solo riempire un piccolo spazio e, da questo punto di vista, i giornali cartacei che ancora sopravvivono e hanno delle rubriche importanti con grandi giornalisti, inviati, opinionisti, vanno consultati, vanno sempre presi come dei punti di riferimento. Sebbene sia un mondo che in questo momento non ha più la priorità, la predominanza che aveva prima, comunque continua a concentrarsi molto sulla qualità del giornalismo. Fare giornalismo non vuol dire soltanto essere tempestivi, essere i primi etc., ma anche scrivere ed esprimere bene dei concetti. Badare alla forma con cui sono scritti gli articoli, queste sono cose alle quali io tengo moltissimo.

– Sei nato a Napoli: una città difficile da comprendere. C’è da dire, però, che la sua bellezza ineffabile ha fatto innamorare scrittori, poeti e musicisti nel tempo. Pensi che Partenope ti abbia aiutato a trovare l’ispirazione nel tuo lavoro?

In realtà sono salernitano, poi sono andato a Roma per fare la scuola di cinema al Centro Sperimentale. Napoli è sempre stata presente nella mia vita, anche qui era qualcosa di genetico perché mio padre ci ha trascorso tantissimo tempo della sua vita, quindi questo momento sarebbe arrivato anche per me. Devo dire che adesso, Napoli, – potrei usare anche la parola ossessione – è diventata per me un’ossessione perché, per quanto io abbia vissuto 5 anni a Roma, diciamo che io sono ispirato solo dalla città di Napoli con tutte le contraddizioni del caso (dalle cose belle alla cose brutte). Per me è la città che mi fa stare bene, mi dà stimoli, mi rende curioso di ogni cosa. Oltretutto, io quando cammino per Napoli do’ l’impressione di essere un folle perché cammino con la testa per aria, mi soffermo su ogni portone, finestra, angolo.

– Tra l’altro – nel 2017 – hai realizzato il tuo primo lungometraggio “La chimera”, un documentario sull’abbattimento delle Vele di Scampia. Com’è nata quest’idea? Sei soddisfatto?

“La chimera” è un lavoro collettivo, nato dalla proposta di due amici – Walter de Majo e Alessandro Elia – che con me hanno fatto il Centro Sperimentale a Roma e hanno una società di produzione “Anemone Film”. Insieme a loro anche altri compagni di scuola: i registi Giovanni Dota e Matteo Pedicini, lo sceneggiatore Ivan Ferone e il fonico di presa diretta Antonio Casparriello. Un giorno Walter e Alessandro vennero da me con la proposta di girare il film e raccontare la battaglia del Comitato Vele, l’assegnazione delle case nuove agli abitanti delle stesse ed è stata una delle esperienze più esaltanti della mia vita perché abbiamo trascorso tanti giorni a Scampia. È stato bello perché non c’era nessun tipo di filtro tra noi e le persone che riprendevamo, ovvero i protagonisti del nostro documentario. Un’esperienza così bella, tant’è che vado spesso da Walter ed Alessandro proponendo di ritornare lì e girare un seguito.

– Lo scorso dicembre, invece, è andata in onda la rivisitazione dell’opera di uno degli attori più grandi di tutti i tempi – De Filippo – con la partecipazione di Sergio Castellitto. Descrivici com’è stato lavorare sul set e quali sono state le tue emozioni.

Lavorare al film “Natale in Casa Cupiello” è stato un po’ come stare in famiglia perché ho la fortuna di essere amico di Edoardo De Angelis, un maestro che a lungo ho inseguito e – per fortuna – si è fidato di me. Lui mi ha chiesto di andare a raccontare la lavorazione del film, tra l’altro sono molto amico degli altri membri del cast e della troupe. Sono stati alcuni mesi miracolosi. In quell’estate a Napoli si sono realizzati una serie di sogni, ad esempio lavorare con e per Edoardo e raccontare poi Eduardo De Filippo e soprattutto – ritornando al discorso discorso di prima – vivere quotidianamente il centro storico di Napoli.

– Il film “Natale in casa Cupiello” è stato molto apprezzato dal pubblico, ma anche criticato. Credi che le persone, in un certo senso, siano ‘troppo’ ancorate al passato?

No, non è detto che le persone siano ancorate al passato, però, diciamo che proprio “Natale in casa Cupiello” è qualcosa di talmente paludato, costitutivo della quotidianità natalizia di tutte le famiglie – mi verrebbe da dire campane o anche oltre la Campania – e secondo me una nuova versione può destabilizzare, quanto meno sorprendere. Poi penso che si debba prendere anche una giusta distanza, anche perché Eduardo ha scritto testi teatrali fatti per nuove interpretazioni, è un processo assolutamente naturale. Bisogna considerarlo così.

– Cosa hai provato nel rivivere sullo schermo, la storia di Edoardo De Angelis di cui anche tu ne hai fatto parte?

Come puoi ben immaginare, mentre eravamo sul set, il mio lavoro di operatore backstage era facilitato dal fatto che io conoscessi a memoria il testo, quindi nel mio umile lavoro di documentazione delle riprese riuscivo ad anticipare dei momenti. Riuscivo a trovarmi al posto giusto nel momento giusto. In ogni caso, è stata una lezione di regia perché – al di là della storia di Eduardo De Filippo e i grandi attori – per me che ho studiato cinema e vorrei fare questo nella vita è un grande privilegio. Vedere lavorare De Angelis, i suoi collaboratori e il direttore di fotografia è stato importante per la mia esperienza. Spesso si tende a non notare o sottovalutare nel momento in cui si giudica il film, però girare tutto dentro 3-4 stanze è qualcosa di doppiamente complicato e riuscire a dare dinamismo a una storia che si svolge tutta all’interno di una casa richiede enormi e sofisticate capacità di registiche.

– De Angelis ha descritto l’ambientazione del film come “un anno sospeso tra distruzione e ricostruzione, proprio come il 2020.”  Un periodo storico non semplice e a subirne particolarmente è anche il tuo settore. Credi che il 2021 sia un anno migliore per il mondo cinematografico?

Non lo so se il nuovo anno sarà migliore per il mondo cinematografico, io comincerei sperando che sia un anno migliore per l’umanità. Comincerei sperando che tutte le misure di precauzione vengano rispettate e che il vaccino funzioni. Poi, una volta ristabilita una parvenza di normalità – a quel punto – potremmo parlare dell’anno cinematografico. È un discorso complicatissimo anche perché non si tratta di parlare solo dei set cinematografici, ma è tutto un sistema che si muove. Ci sono anche gli esercenti cinematografici che stanno soffrendo tantissimo in questo periodo. Penso sia qualcosa da valutare gradualmente, a partire dalle condizioni generali dell’umanità nei confronti del Covid.

– Attualmente stai lavorando ad un nuovo film? Se sì, puoi svelarci di più?

No, in questo momento non ho altri set sui quali sto lavorando. Ora sto montando le riprese di backstage di altri set che ho girato dopo De Angelis e quello che mi ha tenuto più impegnato fino al 6 gennaio è stata la regia di alcuni eventi, concerti, spettacoli teatrali prodotti dalla Fondazione Musica per Roma; tra cui una serie di sei spettacoli di Ascanio Celestini, un concerto di Francesco Bianconi, Eugenio Bennato, Nicola Piovani. In questo periodo mi sono dedicato a questi lavori presso l’Auditorium.

Grazie Elio per averci proiettato nel tuo mondo, ma a proposito Te piace ‘o presepe?

POTREBBE INTERESSARTI ANCHE QUESTO ARTICOLO: ENZO AVITABILE: LA CANZONE “E DUORME STELLA” A CHI È DEDICATA?

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.