25 Marzo 2016

Domus pompeiane riaperte al pubblico

domus

Dal 24 marzo 2016 è stato riaperto al pubblico un intero quartiere di Pompei. Tornano visitabili domus e strade inaugurate a dicembre dal Premier Renzi

[ads1] Dalla giornata di ieri, una fetta inesplorata del sito archeologico pompeiano è tornato a risplendere sotto gli occhi degli spettatori rivelando nuove Domus e nuove strade.

Grazie ad un finanziamento da parte dell’Unione Europea, è stato infatti possibile rimettere in sicurezza parte degli antichi edifici della Regio VIII, il quartiere sud occidentale degli scavi.

Tra le Domus riaperte al pubblico, spicca la Casa della Calce, il cui soprannome deriva dall’evidente presenza di calce, leganti e inerti impastati approssimativamente sul pavimento e sulle pareti. Sembra infatti che all’interno della Domus, il tempo si sia fermato come in un’istantanea. La presenza del primo strato di intonaco e i cumuli di materiale grezzo, dimostrano come al tempo della fatidica eruzione del 79 d.C. fossero in atto lavori di ristrutturazione a seguito dei danni provocati dal terremoto che sconvolse l’area vesuviana nel 62 dopo Cristo.

Motivo per cui Pompei, oltre ad essere un varco temporale splendidamente conservato, è anche una delle testimonianze più preziose delle tecniche costruttive e restaurative degli antichi.

“In  un’area  di  circa  60mila  metri  quadrati  spiega il direttore della Soprintendenza Pompei, Massimo Osanna sono stati eseguiti in modo sistematico interventi ispirati ai principi di riconoscibilità, reversibilità e compatibilità con il contesto archeologico, corredati da schede con documentazione fotografica e, ove necessario, rilievi laser-scanner. I lavori hanno consentito anche di conoscere e documentare dettagli finora ignoti delle aree interessate”.

Oltre alla Casa della Calce, i turisti hanno potuto ripercorrere strade, vicoli e isolati chiusi al pubblico dal lontano 1980, anno in cui il terribile terremoto distrusse gran parte del patrimonio archeologico del sito.

Ci sono voluti ben 36 anni a riportare alla luce quello che madre natura aveva sotterrato, ma ne è valsa la pena.

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