20 Marzo 2020

Coronavirus, sanitari ultra70enni scendono in campo contro il covid-19

Coronavirus, due sanitari napoletani 70enni di nuovo in campo per combattere il virus: “Dire di no sarebbe stata vigliaccheria”

Coronavirus – La rapidissima diffusione del contagio da covid-19 sta accendendo i riflettori su dei silenziosi eroi moderni, che scendono in trincea ogni giorno per svolgere il proprio lavoro, consapevoli che questo potrebbe costar loro la vita.

Sono i medici, gli infermieri, il personale sanitario tutto, che – giorno dopo giorno – combatte contro questo nemico invisibile che sta mettendo in ginocchio il mondo intero.

Ed, ogni giorno, si verificano storie straordinarie di uomini ordinari, su cui vale la pena riflettere.

E’ di ieri sera la notizia di due sanitari napoletani, Carmine Silvestri e Franco Faella, ex infettivologi presso l’ospedale Cotugno di Napoli, che sono stati richiamati in servizio per far fronte all’emergenza in atto.

Carmine Silvestri era caposala infettivologo e torna in corsia a 70 anni, dopo cinque anni di meritata pensione. Guiderà l’equipe di infermieri del Loreto Mare. “Mi sono ringalluzzito – ammette -. Facevo una vita da pensionato che non mi soddisfaceva: ora invece torna a casa la sera stanco, non ho più le forze che avevo prima, eppure mi sento in forma. Tutti abbiamo paura: è una pandemia e non c’è un vaccino. L’unica strada in nostro possesso, al momento, è la prevenzione e passa attraverso il mantenere le distanze tra noi“.

Franco Faella era primario infettivologo. Oggi ha 74 anni ed è di nuovo in campo, armato del suo amato camice e dell’indispensabile mascherina. E’ stato nominato dalla Regione Campania coordinatore del reparto allestito per i pazienti contagiati dal covid-19-

Faella era in prima linea anche contro il colera, che si diffuse a Napoli nel 1973. “Ma allora conoscevamo il nemico da combattere, adesso no. Ma bisogna essere ottimisti. Affronteremo questa emergenza con serietà e rigore, in attesa di raggiugere maggiori certezze sui farmaci“.

Torno in campo perché è un dovere verso la comunità, verso la mia città e verso la mia attività professionale. Dire di no sarebbe stato un atto di vigliaccheria“.

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