22 Marzo 2017

Chioma di Capri: Poesia di Pablo Neruda per l’isola più famosa del mondo

chioma di capri

Chioma di Capri – Non tutti sanno che Pablo Neruda scrisse una magnifica poesia per Capri. Leggiamola insieme…

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Si chiama Chioma di Capri la poesia che Pablo Neruda dedicò all’isola più famosa del mondo.

Ma la poesia racconta qualcosa di più di una semplice ammirazione verso Capri.

Pablo Neruda visse a Capri tra l’inverno del 1952 e la primavera del ’53. Nel 1949 il poeta fu costretto a scappare dal Cile a causa del suo attivismo comunista in netto contrasto con il governo cileno.

Arrivò a Parigi, accolto da Picasso e l’anno dopo giunse in Italia.

Girò praticamente tutte le città più grandi affascinato dalla immensa cultura del nostro paese.

Fino a giungere a Napoli, ma la vita difficile per i comunisti all’epoca, lo spinse a cercare l'”isolamento”.

Pablo si trasferì a Capri per un breve periodo. ospitato da Edwin Cerio nella villa di Arturo.

Capri lo avvolse in un delirio di amore e passione tanto che non passava giorno in cui il poeta non scrivesse odi alla piccola isola e alla sua amata Matilde.

Testi raccolti poi, ne “Los versos del capitàn” e “Las uvas y el viento”.

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Pablo era ospite insieme a Matilde con cui finalmente avevano un rapporto stabile dopo aver vissuto anni travagliati e fugaci e le faceva leggere tutte le sue poesie.

Scoppiata la primavera con in suoi colori ed i suoi profumi, arriva anche la lieta notizia: Matilde era incinta.

Pablo Neruda emozionato, organizzò anche un piccolo matrimonio sull’isola dei suoi sogni:

CHIOMA DI CAPRI

Capri, regina di roccia,
nel tuo vestito
color amaranto e giglio
vissi sviluppando
la felicità e il dolore, la vigna piena
di splendenti grappoli
che conquistai sulla terra,
il tremulo tesoro
di fragranza e di chioma,
lampada zenitale, rosa allargata,
favo del mio pianeta.
Sbarcai d’inverno.
Il suo abito di zaffiro
l’isola conservava ai suoi piedi,
e nuda sorgeva nel suo vapore
di cattedrale marina.
Era di pietra la sua bellezza. In ogni
frammento della sua pelle rinverdiva
la primavera pura
che nascondeva nelle fenditure il suo tesoro.
Un lampo rosso e giallo
sotto la luce tenue
giaceva sonnolento
aspettando l’ora
di scatenare il suo potere.
Sulla sponda di uccelli immobili,
in mezzo al cielo,
un roco grido, il vento
e l’indicibile spuma.
D’argento e di pietra il suo vestito, appena
il fiore azzurro esplode
ricamando il manto irsuto
col suo sangue celeste.
Oh solitudine di Capri, vino
dell’uva d’argento,
coppa d’inverno, piena
di esercizio invisibile,
innalzai la tua fermezza,
la tua delicata luce, le tue strutture,
e il tuo alcool di stella
bevvi come se stesse
nascendo in me la vita.
Isola, dalle tue pareti
spiccai il piccolo fiore notturno
e lo conservo nel mio petto.
E dal mare girandoti intorno
feci un anello d’acquache lì rimase nelle onde,
chiudendo le torri orgogliose
di pietra fiorita,
le cime aspre
che il mio amore sostennero
e conserveranno con mani implacabili
l’impronta dei miei baci.

Pablo Neruda, L’uva e il vento, Santiago, 1954.

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