Artemisia Gentileschi, la pittrice sopravvissuta agli abusi
Artemisia Gentileschi: chi è la donna omaggiata da Google nel 427esimo anniversario della sua nascita, l’8 luglio del 1593
Protagonista del doodle di Google di oggi: il motore di ricerca decide di omaggiarla nel 427esimo anniversario della sua nascita. Si tratta di Artemisia Gentileschi, la pittrice sopravvissuta agli abusi.
Nata l’8 luglio del 1593 a Roma, Artemisia è ricordata per le sue opere e per il suo coraggio. Figlia di Orazio Gentileschi, anch’egli pittore, assorbì la lezione del padre sviluppando uno stile di pittura lontano da quello a cui si erano avvicinate altre donne.
Artemisia Gentileschi si dedicò ad uno stile caratterizzato dall’uso di personaggi realistici e non idealizzati. Realizza le prime opere da giovane – a 17 anni – mostrando fin da subito un talento ben definito. È nel 1612 che realizza quello che probabilmente è uno dei suoi capolavori, Giuditta che decapita Oloferne. L’opera è conservata nel Museo nazionale di Capodimonte a Napoli.
Il quadro è collegato ad una vicenda centrale nella sua vita, che segnerà la sua arte e la sua fama. La pittrice fu indirizzata dal padre, durante il suo apprendistato, dal pittore Agostino Tassi. Nel 1611, Artemisia fu brutalmente stuprata dal suo insegnante.
Dopo la promessa di Tassi di un “matrimonio riparatore” ( che non avvenne mai), Orazio decise di denunciare l’uomo. Inizia, a questo punto, un periodo di torture e interrogatori nei confronti della Gentileschi. Nonostante la vittima fosse lei, il processo le si ritorse contro.
Artemisia subì un supplizio che avrebbe potuto minare per sempre la sua carriera di pittrice: le mani strette intorno a delle corde che venivano costantemente tirate, con il rischio di perdere le dita. Tutto per verificare la veridicità delle sue accuse.
La donna non ha mai ceduto: l’uomo che aveva abusato di lei doveva pagare. Tassi venne condannato a cinque anni di reclusione nel 1612 – ma non scontò totalmente la pena.
Una femminista ante litteram
L’abuso, il processo, gli interrogatori e le torture destabilizzarono molto l’equilibrio psicofisico di Artemisia Gentileschi. Per secoli, la sua figura di pittrice è stata ignorata dagli storici dell’arte o ridotta alle sue vicende personali.
Artemisia è stata una femminista ante-litteram. Nelle sue opere, con uno stile drammatico, ha ritratto donne non più sottomesse, ma eroine indipendenti che si sono ribellate ai soprusi del maschilismo. Nella vita, la Gentileschi ha saputo ribellarsi alla violenza portando il suo carnefice in tribunale.
Un coraggio, il suo, inusuale in un’epoca in cui la vittima era – in ogni caso – colpevole e responsabile di ciò che le accadeva.
La pittrice è morta nel 1653 a Napoli, città dove ha vissuto gli ultimi anni della sua vita e dove – finalmente – aveva potuto ritrovare un po’ di quell’equilibrio perso. Fu seppellita presso la Chiesa di San Giovanni Battista dei Fiorentini di Napoli.
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