17 Aprile 2023

Napoli-Milan: la partita è già iniziata, ma…

Napoli-Milan è già iniziata ieri. In campo i giocatori, sui social i leoni da tastiera pronti a rovinare le emozioni di questo sport

napoli-milan

Napoli-Milan non si gioca solo al Maradona. La gara di ritorno dei quarti di finale di Champions League tra le due squadre italiane è cominciata da tempo tra i social e i giornali, tra le strade e le tv.
Nel 2023 non conta solo il tappeto verde: ogni gara porta con sé un mare magnum di provocazioni e trabocchetti da cui nessuno è escluso, il tutto per destabilizzare l’ambiente e caricare di ulteriore tensione un contesto sempre più logorato da malsane interazioni social. Napoli-Milan è già iniziata.

È il caso della foto postata da Theo Hernandez con suo figlio, che è stata contenitore di tante biasimabili offese, minacce e esecrabili auguri di morte riconducibili ad alcuni “tifosi” del Napoli. Le virgolette sono doverose, poiché da essi ci si attende sostegno alla propria squadra e non comportamenti disumani che accrescono odio e rabbia.

Forse bisogna andare più in fondo, all’etimologia della parola tifo che, come spiegato da Treccani, deriva dal greco τῦϕος che significa “vapore, fantasia, febbre con torpore”: probabilmente, l’entusiasmo per la partita di martedì sera al Maradona ha offuscato la vista di quei pochi con dei fumi d’odio ingiustificato.
Ma questa foto è stata anche il fischio di inizio della partita mentale che il Napoli si trova ad affrontare: i messaggi di solidarietà dei compagni di squadra Leao e Bennacer, i post di alcune società, gli articoli delle testate principali di Milano si vestono di falso perbenismo, di un moralismo sfrontato che ha la memoria corta, anzi cortissima.

Appena il 29 gennaio 2023 un grande Sassuolo batteva a San Siro il Milan per 5 a 2 con un’ottima prestazione del capitano neroverde Berardi. Il giorno seguente si consuma lo stesso delitto che oggi viene condannato: il calciatore posta una foto con suo figlio e il post viene inondato di insulti e minacce di morte da parte dei tifosi del Milan. Ma, ancora più eclatante, fu il caso del nostro Lorenzo Insigne: dopo la perdita prematura del nascituro lo scorso settembre, molti leoni da tastiera, tifosi di squadre avversarie del Napoli, furono autori di ripugnanti messaggi di gioia per la terribile notizia. Di esempi ce ne sarebbero moltissimi, ma non basterebbero per attenuare la risonanza mediatica che questo spiacevole e, soprattutto, deprecabile evento ha scatenato e le conseguenze che hanno sull’ambiente. Il paradosso, però, è così manifesto da lasciare increduli: tanti tifosi del Milan hanno colto l’occasione per condannare questo gesto definendo i tifosi azzurri “ignoranti colerosi”.

Queste continue offese sono ormai così sdoganate da non fare più notizia, da essere ridicolizzate al punto tale che inneggiare al Vesuvio non fa più effetto. Quando si parla di discriminazione territoriale veniamo coperti di ridicolo, paragonati alle sceneggiate di Mario Merola. Guai, però, a guardarsi allo specchio e togliersi il mantello del moralismo.

La forza e, più spesso, la debolezza dei social media è dare tanto valore a parole che valgono poco, creando i presupposti per una guerra ideologica senza soldati ma fatta di account falsi, ignoranza e cattiveria gratuita. La singola noce nel sacco dei commenti social può fare rumore se messa in circolo e fatta salire negli algoritmi: nessun messaggio d’odio può mai essere giustificato, ma fare di tutta l’erba un fascio è solo uno strumento per muovere una pedina nella partita mentale che si sta giocando in questi giorni.

Mancano ancora ventiquattro ore a Napoli-Milan, quella che si giocherà sul campo, l’unica che conta sportivamente. Ma non c’è mai un fischio d’inizio per la partita della tolleranza e del rispetto, l’unica che conta veramente. L’unica che non ha alcun colore né maglietta. L’unica che tutto il calcio e il tifo italiano dimostra ancora di non saper giocare.

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Di Vittoria Fabiana Rapillo