Treccani: “Zoccola” e “Cagna” non sono più sinonimi di “Donna” (finalmente!)
La Treccani ha finalmente cancellato alcuni termini considerati sinonimi di “donna” quali “cagna” e “zoccola”. Merito delle attiviste
L’enciclopedia Treccani ha finalmente deciso di eliminare alcuni termini offensivi, indicati come sinonimo della parola “donna”.
Non compariranno più parole come “cagna”, “zoccola”, “bagascia”, “serva” affiancate alla voce “donna”, dopo una battaglia innescata da 100 attiviste, guidate da Maria Beatrice Giovanardi.
Questo gruppo di donne ha innescato un dibattito con la direttrice del vocabolario più famoso d’Italia, Valeria Della Valle e ha ottenuto la meritata vittoria.
Il dibattito era iniziato sulle pagine de La Repubblica e la deputata Rossella Muroni- capogruppo alla Camera di FacciamoECO, Federazione dei verdi – è intervenuta così:
“Possiamo plaudire alla prima volta di una donna alla guida del Cnr o alla guida dei servizi segreti, fare sinceri auguri di buon lavoro alla Carrozza e alla Belloni, ma è evidente che è ancora lunga la strada per raggiungere la parità di genere nel nostro Paese e che questa sfida passa dall’educazione e da un cambiamento culturale.”
La Repubblica aveva pubblicato una lettera indirizzata all’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani con l’intento di chiedere di eliminare i termini sessisti associati alla parola “donna”.
Firmata da cento persone, tra le quali Laura Boldrini, Michela Murgia, Imma Battaglia, Alessandra Kustermann, Elly Schlein, assessora regionale, e anche la vice direttrice generale Banca d’Italia Alessandra Perrazzelli, più un gruppo di attiviste guidate da Maria Beatrice Giovanardi, la polemica ha prodotto il risultato sperato.
Si leggeva su La Repubblica:
“Brilla per assenza qualunque espressione positiva che raffiguri la donna in modo altrettanto completo e aderente alla realtà, come per la definizione di uomo: donna d’affari, donna in carriera, etc…
Inoltre l’assenza sotto la voce “uomo” di parole quali “uomo violento”, “uomo poco serio”, “orco”, “ometto”, “omaccio”, “omuccio”, “gigolò“.
La Treccani ha chiarito la sua posizione:
“Il dizionario assume di rappresentare il patrimonio lessicale nelle sue difformi componenti. Io, lettore, troverò la seria definizione di ciò che il singolo elemento lessicale significa e indicazioni utili per capirne le caratteristiche d’uso.
Il dizionario non seleziona il lessico in base a giudizi o pregiudizi morali. Come è da rigettare l’idea di uno Stato etico, così è da rifiutare quella di un “dizionario etico”.
Se la società e la cultura esprimono negatività attraverso le parole, un dizionario non può rifiutarsi di documentarle…Il dizionario ci fa sapere qual è la realtà del nostro lessico.
Noi, come parlanti, persone civili, cittadini, donne e uomini, forti di tale conoscenza, ci adopereremo per usarlo (o non usarlo) nei più corretti e civili dei modi, se ne saremo capaci.
Il male non sta nel prendere atto che essa esiste, ma nella eventuale decisione di usarla….
Cogliamo senz’altro la sollecitazione critica nel senso di rivedere con attenzione quanto abbiamo fatto finora e di mettere con più chiarezza in rilievo la presa di distanza dalle parole che pure, per dovere, come abbiamo cercato di chiarire, è nostro compito registrare.
Starà poi alla coscienza personale di ciascuno valutare se esistano contesti e situazioni in cui, nell’attuale società, adoperare certe parole sia una dimostrazione di intelligenza e di civiltà.“
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