GameStop: il moralismo paternalista a difesa dei grandi speculatori
La vicenda dell’ultima settimana legata al titolo di GameStop ha (ri)portato a galla due cose. Uno, gli attacchi degli hedge fund possono essere contrastati. Due, il paternalismo nei confronti dei millennials
È stata una settimana turbolenta a Wall Street. E no, in questo caso non si tratta delle trasgressioni enfatizzate da film come The Wolf of Wall Street, con un indimenticabile Leonardo DiCaprio, o Boiler Room, dove Ben Affleck e Vin Diesel interpretano due rampanti broker alla conquista del mondo. Nella vera Wall Street, stavolta, qualcuno ha rischiato (e rischia) di farsi male davvero. D’altronde, in un mercato realmente neutro, la vicenda GameStop sarebbe rientrata nell’alveo di quei rischi messi in conto da quelli che sono (e si nota una certa difficoltà a definirli per ciò che, effettivamente, sono) degli scommettitori. Sì, scommettitori. Perché ciò che fanno gli hedge fund (o fondi speculativi) è proprio questo, e del resto è la stessa definizione a suggerirlo. Scommettono sperando (e pretendendo) di speculare sulle spalle degli altri.
Cosa sono gli hedge fund
Gli hedge fund sono fondi comuni di investimento. Al netto dell’enorme mole di strumenti e strategie non comuni (e, dunque, non adottabili da fondi comuni) che sono soliti utilizzare, questi operano principalmente in due direzioni: aprono posizioni long, ovvero acquistano azioni che si presume aumentino di valore per rivenderle successivamente ad un prezzo più alto; aprono posizioni short, ossia scommettono sul crollo di un titolo “vendendo allo scoperto” azioni senza possederle. In sostanza, scommettono sul fallimento – o comunque sul ridimensionamento – di aziende quotate per trarne un profitto. Ed è proprio quanto accaduto nei confronti del titolo di GameStop.
Questi fondi, dunque, scommettendo sul fallimento di GameStop – azienda che vende videogiochi e materiali videoludici in negozi fisici in quasi tutto il mondo – hanno “preso in prestito” le sue azioni (da banche, investitori, etc.) e le hanno rivendute con la promessa di riacquistarle (per restituirle) quando il loro prezzo sarebbe crollato a causa di un eventuale fallimento.
GameStop: cosa è successo?
In effetti, GameStop non se la stava passando proprio bene. Principalmente a causa della pandemia che ha portato gran parte dei negozi fisici a soffrire i contraccolpi dei lockdown. Ma ecco che accade il miracolo. O, meglio, la rivoluzione: su un forum di Reddit – social network dedicato principalmente proprio ai forum di discussione – si sparge la voce che il titolo del colosso dei videogames è stato preso d’assalto dai “lupi” del brokeraggio.
Gli utenti, dunque, si sono coordinati e in massa hanno acquistato azioni GameStop facendo schizzare il valore del titolo +333%. Se si compra un’azione di un titolo che perde valore, com’è ovvio, si perdono soldi. Allo stesso modo, se si vendono allo scoperto (e dunque vendi azioni non tue che poi dovrai ricomprare per restituire) un titolo il cui valore aumenta si perdono soldi, semplicemente perché la scommessa ribassista alla base di questa operazione è fallita. Ed è proprio quanto accaduto ai lupi della finanza come Andrew Left – che grazie alla Citron Research da lui fondata si era guadagnato il soprannome di cacciatore di taglie di Wall Street – il quale ha dichiarato che non farà più short selling avendo registrato il 100% di perdite sulle sue posizioni ribassiste.
Risultati
I cosiddetti free trader (gli utenti che hanno acquistato in massa azioni GameStop senza costi d’intermediazione), stanno dunque ottenendo due risultati. Uno, l’aumento del valore del titolo (più azioni di un’azienda vengono acquistate, più il suo titolo sale) e la conseguente perdita di denaro degli scommettitori. Due, l’irreperibilità del titolo stesso che alimenta queste perdite. Per evitare il salasso, infatti, gli speculatori dovrebbero acquistare il prima possibile azioni prima che il titolo raggiunga valori inarrivabili. Ma gli utenti stanno tenendo queste azioni e, dunque, per gli hedge che hanno scommesso sul fallimento dell’azienda si è generato un circolo per loro molto pericoloso.
Il crollo di Wall Street?
Quanto accaduto rappresenta uno smacco per l’alta finanza, riguardante, però, più la forma che la sostanza. La vicenda GameStop non rappresenta la fine delle grandi speculazioni di Wall Street, in quanto gli operatori di borsa possono disporre di fondi di riserva per evitare i crack.
Inoltre, gli hedge fund in questione hanno chiesto a gran voce l’intervento della SEC (l’ente federale statunitense preposto alla vigilanza della borsa valori) gridando alla “manipolazione del mercato”. Richiesta paradossale, in quanto gli stessi, in molti casi, non si fanno scrupoli ad alimentare notizie tendenziose in modo da attaccare le aziende contro cui hanno scommesso. Qualcosa del genere è accaduto anche in merito alla crisi del 2008, come raccontato nel saggio Il grande scoperto di Michael Lewis da cui è stato tratto anche il film del 2015 La grande scommessa.
Caso GameStop: il riemergere del moralismo paternalista nei confronti dei millennials
Assodato che da questa storia, molto probabilmente, ad uscirne vincitori saranno principalmente i fondi che già possedevano azioni GameStop e le piattaforme che hanno gestito le operazioni (come Robinhood), è emblematica l’accoglienza che la notizia ha avuto in Italia. In quella che è palesemente un’azione (in parte autolesionista e anche consapevole) di Davide contro Golia, una certa parte di opinione pubblica non ha mancato di (ri)tirar fuori la melensa retorica moralista e paternalista che si è soliti utilizzare nei confronti dei millennials.
C’è chi, come Gaggi sul Corriere, ha tirato fuori dal cilindro la storia dei “ragazzi annoiati e frustrati” che “dai loro sottoscala lanciano sfide impossibili, sedotti da nuovi tipi di influencer“. Una sorta di edizione 4.0 dei “bamboccioni” colpevoli, secondo una certa (la stessa) opinione pubblica di inizio decennio, di un non meglio specificato decadimento morale e sociale. Quasi un classico, un must di un repertorio da orchestra di vecchi tromboni.
I millennials mica lasciavano le proprie case perché una terribile crisi finanziaria – causata, manco a dirlo, proprio da spregiudicati speculatori – aveva messo in ginocchio l’economia mondiale e, di conseguenza, il mercato del lavoro? No, erano solo bamboccioni che volevano stare con mamma e papà. Così, oggi, i free trader non vogliono restituire “il favore” ai lupi di Wall Street ricordando loro che a scommettere sulla pelle degli altri, qualche volta, ci si può anche fare male, ma sono semplicemente – come scrive Masneri sul Foglio – “millennial arrabbiati non si sa bene con chi, che hanno deciso di andare contro il nuovo grande nemico“.
I millennials sempre colpevoli e mai vittime
Dunque, questa storia di GameStop, così strana e così paradossale, ha (ri)portato a galla due cose. Uno, gli attacchi speculativi degli hedge fund possono essere contrastati, almeno in parte. Due, il paternalismo nei confronti dei millennials rimane fattore endemico del nostro Paese. Una generazione che più delle altre ha subito gli effetti nefasti della crisi del 2008 e che più delle altre subirà (e sta già subendo) quella conseguente alla pandemia non può continuare ad essere ritratta come la parodia di se stessa, colpevole di colpe non sue. Arrabbiati e frustrati? Forse sì. “Non si sa bene con chi”? Direi che, in questo caso, caro Masneri, il con chi sia chiaro: con coloro che gli hanno rubato il futuro. Ed hanno ragione.
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