Boccia: “Gesù nasca due ore prima…”. Le parole di Padre Ariel Levi di Gualdo
“Gesù nasca due ore prima…”: scoppia la polemica dopo la frase del ministro Boccia sul Natale. Le dure parole di Padre Ariel Levi di Gualdo
Il Natale è alle porte e il governo si sta interrogando su come gestire queste festività in tempo di pandemia e sulle libertà da concedere ai fedeli. Ha fatto molto discutere un’affermazione del ministro Francesco Boccia ha dichiarato, in merito all’orario di coprifuoco da imporre: “Gesù Cristo può nascere due ore prima”.
È scoppiata quindi la polemica: in Francia lo scontro tra istituzioni e clero sembra essere molto acceso. I vescovi, infatti, non accettano che le disposizioni governative limitino eccessivamente la libertà di culto. In Italia, al momento, tutto tace. I vescovi, infatti, non si sono ancora espressi in merito alla questione e continuano ad affermare che è in corso un dialogo con le istituzioni.
Padre Ariel Levi di Gualdo, invece, come si legge in un’intervista su “Il Giornale”, si è espresso in modo netto sul dibattito in atto.
Il ministro Boccia sostiene che Gesù possa nascere due ore prima. Lo ritiene corretto?
Temo che l’onorevole ministro stia alla cultura e alla tradizione cattolica nel modo in cui la già onorevole Ilona Staller, in “arte” Cicciolina, sta alla verginità e alla castità. Battute ludiche a parte, ispirate da una classe politica che purtroppo temo non vada presa sul serio ma presa in giro, vorrei fosse chiaro, a chi oggi polemizza anche sul versante cattolico o sedicente tale, che anzitutto noi non sappiamo in quale preciso giorno e in quale ora esatta è nato Gesù Cristo. Sappiamo che è nato dal ventre della Beata Vergine Maria, sposa di Giuseppe, uomo grande e giusto, patriarca veneratissimo. La storia dimostra che Gesù Cristo è vissuto e morto. Noi che abbiamo fede in lui crediamo che Cristo è il verbo di Dio incarnato e che tre giorni dopo la sua morte è risorto, poi asceso al cielo. Se così non fosse, vana sarebbe la nostra fede e vana la nostra speranza, come dice il Beato Apostolo Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi. Su questo si fonda il mistero della Natività, non su giorni esatti e ore precise.
Come mai la funzione esecutiva si prodiga così tanto per disciplinare culto e Sacramenti?
Se i nostri vescovi, anziché i maestri, i pastori in cura d’anime e le guide del Popolo di Dio a loro affidato, fanno i sociologi piacioni, i politicanti, o i propagandisti elettorali come avvenuto per le ultime elezioni europee; se quando aprono bocca parlano solo di migranti e poveri, o se peggio giocano a pericolosi dialoghi di accoglienza con l’Islam, sino a inventarsi l’aspirina dell’Islam moderato, per parafrasare il titolo del mio ultimo libro, derogando in questo modo alla loro alta missione, finiscono per lasciare un grande vuoto che qualcuno si sentirà in diritto di colmare. Per questo ci ritroviamo con politici che pur non sapendo farsi nemmeno il segno della croce, si improvvisato teologi specializzati in sacra liturgia e in dogmatica sacramentaria. Ma la colpa, ripeto, non è dei politici che occupano un vuoto, ma dei nostri vescovi che questo vuoto lo hanno creato e che da anni permettono la costruzione di presepi che sono un trionfo di barconi, di ciambelle di salvataggio e di sbarchi di migranti, gran parte dei quali sono in verità solo clandestini o fuoriusciti dalle carceri tunisine, alcuni, come i recenti fatti di sangue dimostrano, anche pericolosi e sanguinari terroristi.
Ma possono esistere deroghe al Natale?
In caso di necessità si può derogare più o meno a tutto. In momenti di persecuzione, pestilenze e guerre è accaduto che fossero celebrate solenni festività al di fuori delle date fissate, o Sante Messe domenicali in giorni feriali. Esempio: un mio confratello vietnamita con il quale per anni sono vissuto in stretto contatto a Roma, sotto la stretta cappa del regime comunista fu consacrato sacerdote dall’allora Arcivescovo di Hanoi, François-Xavier Văn Thuận. Premesso che la consacrazione di un presbitero è sempre un atto pubblico solenne che investe la vita della Chiesa intera, così avvenne la sua: andò a trovare l’arcivescovo che ormai anziano era agli arresti domiciliari, portò due bottiglie di liquore alle guardie che bevvero a volontà, si ubriacarono e poi si addormentarono. Mentre le guardie dormivano, l’arcivescovo lo consacrò sacerdote.
In Francia si manifesta in piazza per rivendicare la libertà di culto, mentre in Italia non accade. Come mai?
Conosco bene la Francia perché da bimbo andavo in vacanza con mia nonna sulle coste della Provenza dove trascorsi estate intere, stiamo a parlare di inizi anni Settanta. Io ero abituato alle chiese italiane, dove tra eserciti di pinzochere fideiste, uomini distratti e bimbi annoiati, durante le Sante Messe era tutto un chiacchiericcio, mentre in quei luoghi di culto francesi fui colpito dal silenzio e dalla compostezza dei fedeli. Solamente molti anni dopo compresi perché. La Francia, patria del laicismo sotto certi aspetti esasperato ed esasperante, come Paese e come Popolo, da alcuni decenni, grazie a Dio, è perduta alla Cristianità. Spiego come mai dico “grazie a Dio”. In quel Paese dove il Cattolicesimo non ha alcuna incidenza sulla vita sociale e soprattutto politica, le persone non vanno in chiesa per abitudine o tradizione, o per dare una certa immagine sociale o addirittura socio-politica.
Quindi lei intravede delle differenze..
Chi frequenta le chiese francesi, le frequenta perché è un vero credente. In Francia esiste un netto e preciso spartiacque tra chi crede e chi non crede. Non esistono quegli ibridi, tutti quanti nostri italiani, formati da eserciti di miscredenti che pur non credendo nei fondamenti della fede e vivendo in aperto e pubblico sprezzo verso di essi, vanno però a sposarsi in chiesa o a far battezzare i figli, ciò solo perché, pure se non gli interessa niente, per loro è una questione di tradizione, di abitudini familiari. Con questo è presto detto: i cattolici francesi che stanno manifestando in piazza sono semplicemente dei veri cattolici, dei credenti autentici abituati a vivere come tali, a pensare come tali, a pregare come tali e, all’occorrenza, ad agire come tali.
Il governo può imporre un Natale senza Messa di Natale?
Il governo – se mi è concessa l’espressione gioiosa e giocosa, oserei dire molto ecclesiastica – rischia davvero di romperci le cosiddette con le sue incoerenze, con i suoi due pesi e due misure, con un occhio da lince che vede e con uno da talpa miope. Mi spiego: ieri, nella immancabile Napoli – della serie: “ma famose riconosce!” – delle fiumane di persone si sono riversate per le strade, accalcate, senza mascherine e distanziamento sociale, a piangere e celebrare il dio del pallone, Diego Armando Maradona, morto prematuramente a soli sessant’anni. In quel caso, politici e pubblici amministratori hanno usato però l’occhio miope della talpa. Vediamo allora se tra un mese, quando celebreremo la Santa Messa per l’incarnazione del Dio fatto uomo, useranno l’occhio di lince con i cattolici e le sacre celebrazioni liturgiche del Natale.
E cosa si sente di dire invece a quei fronti cattolici anti-lockdown?
Le dirò che io e i miei confratelli Ivano Liguori e Gabriele Giordano Scardocci, dalle colonne della nostra rivista L’Isola di Patmos abbiamo bacchettato per mesi certi fedeli o sedicenti tali che hanno inscenato proteste in pieno lockdown, specie sui social media, aggredendo vescovi e sacerdoti per avere sospeso le pubbliche celebrazioni motivando che il tutto era stato deciso “per senso di profonda responsabilità verso il genere uman”. Di recente abbiamo pubblicato anche un libro su questo tema intitolato: La Chiesa e il coronavirus. Tra supercazzole e prove di fede. Detto questo è bene però chiarire: se certe regole di attento controllo non valgono dinanzi alla morte di Diego Armando Maradona dio del pallone, possono però valere per la natività di Gesù Cristo che è Dio fatto uomo e che ha redento il mondo?
Di recente una suora, Alessandra Smerilli, dinanzi alla possibilità della sospensione della Messa di Natale ha detto in tono rassicurante “faremo la festa dell’incontro”…
Come prete e teologo lamento che “le suore”, da alcuni decenni, non solo sono uscite fuori controllo, ma tendono a occupare posti e ruoli che non sono loro, mosse da assurde rivendicazioni basate sul ruolo della donna nella Chiesa. E nella Chiesa la donna un ruolo lo ha sempre avuto, anche importante, ma preciso. Non credo però si possa chiamare “ruolo” il “rivendicato diritto” al vivere fuori dal proprio ruolo. Per questo da sempre io contesto il fatto che delle suore, o peggio ancora delle laiche, non solo insegnino in università ecclesiastiche, ma che valutino e giudichino addirittura sacerdoti che fanno studi teologici specialistici. Faccio un nome tra queste tante “campionesse”: la teologa femminista, catto-luterana, ultra progressista e radical chic Marinella Perroni. Ma possiamo metterci anche il laico Andrea Grillo che valuta e giudica la preparazione dei sacerdoti nell’ambito della dogmatica sacramentaria. Insomma: un laico che non amministra sacramenti ma che in sede accademica giudica e valuta preti che i Sacramenti li dispensano. Oserei dire che questa è autentica follia clericale basata sul devastante principio: largo allo spazio delle donne, largo allo spazio dei laici nella Chiesa!”.
Quindi?
Il tutto mi fa tornare alla mente certe interessanti teorie di Sigmund Freud, che con tutte le sue problematicità, ebbe comunque delle grandi intuizioni, alcune delle quali maturate e poi assunte dalle moderne scienze psichiatriche. Freud sosteneva che “la donna nutre l’invidia inconscia del pene”. Ecco, io temo, ma soprattutto purtroppo credo che, certe suore e certe teologhe laiche, nutrano invece l’invidia per nulla inconscia del prete. Al punto tale che non di rado, quando hanno a che fare con noi, tendono a mettersi in vera e propria competizione con i sacerdoti. Pertanto, certe suore, come certe teologhe femministe, sono un po’ come i politici italiani di cui parlavo all’inizio: da non prendere mai sul serio, ma da prendere invece solo in giro.
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