Telegram: tra pornografia e maschilismo
Telegram: il servizio di messaggistica istantanea diventa il palcoscenico di uno spettacolo a dir poco macabro dove le vittime sono le donne
Che Internet fosse un luogo, seppur non fisico, di avvenimenti deplorevoli non è purtroppo una novità. Ultima “scoperta” di certo non per importanza, è l’esistenza di gruppi Telegram, formati da migliaia di uomini, creati al solo scopo di condividere foto e video privati di donne senza il consenso, al contrario alla totale insaputa, da parte loro. La vicenda non è di certo degli ultimi giorni, nonostante grazie ad una grande mobilitazione su Twitter delle ultime 48 ore il caso sia diventato di portata pubblica, tanto da raggiungere anche la deputata Laura Boldrini.
Foto e video pornografici e pedopornografici, revenge porn, sono all’ordine del giorno in questi canali, espressione del più becero maschilismo. Protagonisti di questo teatro dell’orrore sono uomini, spesso padri, fratelli, fidanzati che scambiano foto e video senza scrupoli, di conoscenti, di amiche, di figlie (anche minorenni), sorelle e fidanzate. Non “malati”, non “animali”, ma uomini consapevoli e responsabili di ogni azione, di ogni condivisione e di ogni commento. Legittimati l’uno dall’altro a continuare, senza rimorsi, in quello che diventa un vero e proprio incubo per molte donne.
Proprio a causa della conformazione di Telegram, che permette l’anonimato e la condivisione di video pornografici, a cui si aggiunge anche una grande moltitudine di gruppi “di riserva” in cui è possibile “rifugiarsi” se un gruppo venisse segnalato e chiuso, è estremamente complesso mettere la parola fine a tutto ciò.
Questi gruppi sono una rappresentazione lampante della cultura dello stupro, “un complesso di credenze che incoraggiano l’aggressività sessuale maschile e supportano la violenza contro le donne. Una cultura dello stupro condanna come ‘normale’ il terrorismo fisico ed emotivo contro le donne. Nella cultura dello stupro sia uomini che donne assumono che la violenza sessuale sia ‘un fatto della vita’ inevitabile” (E. Buchwald, P. Fletcher, M. Roth – Transforming a Rape Culture).
Che cosa si può fare allora per impedire il perpetuarsi di fenomeni come questi? Forse insegnando gli uomini che ciò è sbagliato e liberando le donne dall’assurda convinzione che tutto questo sia normale e che bisogni aspettarselo. Forse smettendola di considerare donne oggetti che possono essere utilizzati dagli uomini a loro piacimento.
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