Santo del giorno 30 giugno: ecco chi si festeggia oggi
Santo del giorno 30 giugno: scopriamo insieme chi è, quando è vissuto e qual è la sua storia. Tutti i dettagli nell’articolo
Santo del giorno 30 giugno – Oggi si celebra un santo poco noto, ma di grande importanza per la chiesa cattolica. Di seguito tutte le notizie di cui siamo in possesso reperite dal sito www.ilsantodelgiorno.it:
Nome: Santi Primi martiri della santa Chiesa di Roma
Titolo: Martiri
Ricorrenza: 30 giugno
Martirologio: edizione 2004
Tipologia: Commemorazione
«intorno a questi uomini vissuti santamente [Pietro e Paolo; si è raccolta una grande moltitudine di eletti che, per aver patito a causa della gelosia molti oltraggi e tormenti, sono stati uno splendido esempio fra di noi» (Lettera di Clemente ai Corinzi).
Questa festa commemora tutti i protomartiri della Chiesa di Roma che subirono il martirio nella stessa persecuzione nella quale furono messi a morte Pietro e Paolo; dal 1969 è stata opportunamente fissata il giorno seguente a quella dei due apostoli.
Nerone fu il primo imperatore romano a scatenare una persecuzione contro i cristiani, di cui lo storico Tacito ci racconta dettagliatamente i fatti: il 19 luglio dell’anno 64, il decimo del regno di Nerone, un terribile incendio divampò a Roma, partendo dal Circo Massimo, quartiere di negozi e bancarelle stipati di merce infiammabile; favorito dal clima (si era in piena calura estiva) il fuoco si propagò in tutte le direzioni.
Per sette giorni e sette notti imperversò distruggendo templi, palazzi c monumenti pubblici; rase al suolo, con tutto ciò che conteneva, un agglomerato di caseggiati e tuguri occupati da poveri. Le fiamme raggiunsero anche i giardini dell’abitazione di Caio Tigellino, prefetto del pretorio, divampando per altri tre giorni. Quando finalmente l’incendio fu estinto, due terzi di Roma erano ridotti a un ammasso di mura fumanti.
Per tre giorni Nerone rimase ad Anzio, senza rispondere ai messaggi accorati che gli pervenivano dalla città; finalmente raggiunse la Città Eterna per contemplare l’accaduto: si racconta che, indossato il suo costume teatrale, salisse sulla torre di Mecenate e accompagnandosi con la lira abbia intonato il lamento di Priamo sulle rovine fumanti di Troia. Questo suo deliziarsi nel contemplare le fiamme diede forza alle voci che lo sospettavano di aver ordinato lui stesso di appiccare l’incendio o almeno dall’aver ostacolato il suo spegnimento. Per stornare da sé questi sospetti accusò i cristiani e ordinò che fossero arrestati e messi a morte.
Clemente Romano racconta che coloro che erano noti per essere fedeli di Cristo furono arrestati, derisi pubblicamente, torturati perché denunciassero i loro compagni di fede, messi a morte con le forme più crudeli: alcuni furono crocifissi, altri spalmati di cera e usati come torce umane, altri coperti con pelli d’animale e dati in pasto alle belve. Tutte queste barbarie si svolgevano durante le pubbliche feste date, ogni notte, da Nerone nei giardini del suo palazzo; erano attrazioni di contorno mentre l’imperatore offriva lo spettacolo delle corse dei carri, guidando lui stesso un carro o confuso tra la folla. Benché il popolo di Roma fosse assuefatto a questi spettacoli dalle lotte tra gladiatori, la crudeltà delle torture a cui erano sottoposti i cristiani atterrirono la maggior parte degli spettatori; questi eventi fecero esplodere un’ondata di sollevazioni e Nerone si suicidò quattro anni dopo.
Tacito, lo storico romano nato attorno all’anno 56, scrive che Nerone «era corrotto da ogni lussuria, naturale e contro natura», e lascia aperta qualsiasi ipotesi per le cause dell’incendio: «Accadde un disastro, non si sa con certezza se per caso o per dolo dell’imperatore (l’una e l’altra versione han tramandato gli scrittori)». È in questo contesto che fornisce, egli storico classico, i più antichi riferimenti alla comunità cristiana di Roma, descrivendo come Nerone «condannò alle pene più raffinate quelli che, aborriti per le loro infamie, il volgo chiama cristiani. L’autore di questo nome, Cristo, regnando Tiberio, era stato suppliziato a opera del procuratore Ponzio Pilato».
É evidente che Tacito presta fede a tutte le calunnie popolari divulgate contro i cristiani, descrivendoli come appartenenti a una «superstizione funesta» c commentando «a Roma da ogni parte confluiscono c si diffondono tutti i misfatti e le vergogne», aggiungendo però: «Benché si punivano rei meritevoli di estremi castighi, nasceva un senso di pietà, giacché essi venivano uccisi non per il bene pubblico, ma per soddisfare la crudeltà di uno solo». Questa antica testimonianza scritta degli eventi storici della passione di Gesù e della solidità della comunità cristiana a Roma a partire dal 65 è d’importanza rilevante perché Tacito è uno storico scrupoloso e non ha chiaramente nessun motivo per essere benevolo verso i cristiani; non mostra alcun sentimento favorevole nei loro confronti anzi li considera nemici pubblici, ma allo stesso tempo è lucido nel vederli come i capri espiatori dell’incendio, la cui responsabilità era attribuita da molti a Nerone stesso.
MARTIROLOGIO ROMANO. Santi protomartiri della Santa Chiesa di Roma, che accusati dell’incendio della Città furono per ordine dell’imperatore Nerone crudelmente uccisi con supplizi diversi: alcuni, infatti, furono esposti ai cani coperti da pelli di animali e ne vennero dilaniati; altri furono crocifissi e altri ancora dati al rogo, perché, venuta meno la luce del giorno, servissero da lampade notturne. Tutti questi erano discepoli degli Apostoli e primizie dei martiri che la Chiesa di Roma presentò al Signore.
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