12 Giugno 2020

Ricerca conferma: gli oceani più grandi alleati contro gli incendi

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Da Nature arriverebbero le prime conferme: gli oceani assorbono circa un terzo della fuliggine (o particolato carbonioso) prodotta dagli incendi forestali. Lo studio

Oceani super eroi – Il nostro pianeta è coperto per più del 70% d’acqua e il 95% di questa è salata.

Negli oceani abita l’80% delle specie viventi.

Si tratta deel’habitat più esteso del nostro pianeta, produce il 50% dell’ossigeno che respiriamo e assorbe il 30% dell’anidride carbonica.

Gli incendi forestali spostano generalmente importanti quantità di carbonio negli oceani, anche attraverso i fiumi che agiscono come nastri trasportatori.

Secondo un nuovo studio dell’Università britannica dell’East Anglia pubblicato su Nature Communications, si evince che gli oceani assorbono circa un terzo della polvere nera (fuliggine o particolato carbonioso) prodotta dagli incendi forestali, un residuo che diversamente sarebbe destinato a rimanere sulla terraferma generando una fonte di gas serra a lungo termine, perché molto lenta a disintegrarsi.

Quando invece finiscono negli oceani, impiegano un tempo 10 volte più lungo – dell’ordine di decine di millenni – per rilasciare emissioni inquinanti.

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Entrando più nello specifico

Dopo aver analizzato la percentuale di particolato carbonioso in 78 fiumi sparsi in tutti i continenti eccetto l’Antartide, gli scienziati hanno stimato che ogni anno arrivino agli oceani attraverso i fiumi 18 milioni di tonnellate di fuliggine disciolta prodotta dagli incendi.

Come spiegano gli scienziati:

“Oltre a emettere ogni anno due miliardi di tonnellate di carbonio, gli incendi si lasciano alle spalle circa 250 milioni di tonnellate di residui bruciati come carbonella e ceneri.

Circa la metà del carbonio in questi residui è costituita da fuliggine, un tipo di carbonio particolarmente longevo: noi abbiamo dimostrato che un terzo di questa fuliggine raggiunge gli oceani”.

I fiumi come nastri trasporatori

Dallo studio emerge inoltre che i fiumi tropicali trasportano agli oceani una quantità di particolato carbonioso doppia rispetto a quelli nelle regioni temperate.

Occorre preservare il blu.

Nel 2050 più plastica che pesce negli oceani

Il 2050 è una data significativa: si stima che per quell’anno, gli oceani conterranno più plastica che pesce, in termini di peso.

Ogni anno 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono in mare, l’equivalente di un intero camion al minuto.

La pesca intensiva e l’inquinamento che aumenta l’acidità dei mari distruggendo tutta la flora e la fauna non sono da meno.

Ma c’è una soluzione: creare aree marine protette incontaminate.

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Mariasole Bianco, biologa marina esperta di conservazione ambientale e divulgatrice scientifica, spiega con una soluzione semplice, la salvezza dei mari e dell’uomo:

“Le acque marine vengono divise in zone e gli usi vengono regolamentati per dare modo alla biodiversità marina di rinascere e ristabilire l’equilibrio perso.

I risultati sono sbalorditivi: il numero di pesci aumenta del 166%, aumenta la biodiversità, e i benefici non si limitano solo alla questione ambientale, ma diventano un volano di crescita economica per le popolazioni locali.

Si stima che per ogni euro che un governo investe nella creazione di un’area marina protetta, il mare è in grado di generarne 92 di ritorno per la comunità”

Basti pensare che il valore dell’economia degli oceani (la cosiddetta blue economy) è stimato tra 2,5 e 3 triliardi di dollari, pari al 4%-5% del Pil dell’intero pianeta.

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