Passione calcistica, non possiamo farne a meno
Passione calcistica, quella cosa che ci spinge a continuare ad andare allo stadio, a soffrire, ad indignarci, a gioire come pazzi
[ads1] Passione, supporto, entusiasmo, gioia, tifare, è come essere un po’ malati, come essere vittima di una tossina, eppure, nonostante l’idea, sempre più condivisa, che il calcio non sia uno sport basato sulla sana competizione e la legge del più forte, continuiamo non poterne fare a meno.
Quante volte mi sono sentito dire, “perché prendersela tanto, è solo una partita…”
Ricordo che da ragazzino, negli anni bui dell’ultimo Ferlaino, di quando se avevamo un giocatore bravo potevi stare sicuro che sarebbe andato al Parma, o peggio, alla Juve…
All’epoca, le partite si potevano solo sentire alla radio, ero talmente dispiaciuto, da ciondolare, depresso, per casa, per giorni e giorni.
Oggi non è troppo diverso, ma ho imparato a parare meglio questo tipo di colpi.
Il problema, allora, non era tanto retrocedere, siamo finiti persino in serie C, nell’era De Laurentiis, il problema, a quel tempo, era l’assenza assoluta di speranza. Passavamo tra i vari Naldi e Corbelli, ed era un disastro dopo l’altro, una farsa, senza fine.
Però mi sono chiesto spesso cosa spinga le persone a tifare, soffrire e a gioire, per una squadra di calcio. C’è una componente irrazionale, in tutto questo, naturalmente, ma non è così semplice, non lo è mai, quando un fenomeno diventa coatto.
La prima conclusione cui sono giunto è che i Club appartengono ai tifosi. I giocatori vanno e vengono, giurano fedeltà a maglie e vessilli, senza vergogna, e persino i dirigenti e i presidenti, cambiano, ma i tifosi no, sono sempre gli stessi, che si tramandano l’attaccamento alla squadra, da padre in figlio, come tessere di un genoma comune. Il tifoso è il custode della memoria del Club, è ciò che rende il Club ciò che è.
Inoltre, è anche elemento costitutivo delle fortune di una squadra, normalmente, salvo intervento di plutocrati russi o arabi, chi ha più tifosi, ha anche più soldi, motivo per cui il Carpi, con tutto il rispetto, non è il Napoli, o la Juventus. Pertanto essere un tifoso, fa la differenza, ma non è l’unico motivo, uno resterebbe comunque tifoso della propria squadra, anche se fosse l’ultimo sulla terra, ma perché?
La cosa più bella dello sport, per quanto mi riguarda, è che puoi recuperare. Gli errori, le sfortune, si resettano partita dopo partita, stagione dopo stagione. Si ricomincia da zero. Molte persone non capiscono cosa ci possa essere d’interessante: ogni anno le stesse partite, gli stessi scontri, e non capiscono che il bello stia tutto lì, che non finisce mai.
Il calcio non è come la vita, anche se hanno dei connotati in comune, il calcio è una bolla, una sospensione dalla vita, è quel momento in cui si respira su un binario parallelo, in una stringa diversa della realtà, una dimensione altra. Nell’arco della durata di una partita, la tua vita se ne deve stare fuori, non hai guai o gioie o debiti, tutto è altrove, in un posto che ti aspetta fuori dal campo.
Non ci sono capi e sottoposti, ricchi o poveri, cambiano le posizioni, i posti in tribuna e la curva, la panchina e il campo, ma ognuno, quasi sempre, non vorrebbe mai stare in un posto diverso da quello in cui si trova, ognuno ha il suo ruolo preciso e il proprio avamposto di combattimento, lo spazio in cui si convince di poter fare la differenza.
Tutti tratterremo il fiato allo stesso modo, quando la palla comincerà a danzare.
La passione sportiva è il più grande livellatore sociale che l’uomo sia mai stato in grado di escogitare dal tempo dei dinosauri.
Se non hai questa passione, non sai cosa ti perdi…
Che tu sia l’allenatore, un giocatore, o anche solo un tifoso, non puoi fare altro che affidarti all’altro, non si tratta di fidarsi, ma di affidarsi, è diverso…
Nella vita, normalmente, sono molte di più le volte in cui perdiamo, ma una volta alla settimana noi possiamo vincere, è una questione di riscatto e affidi questa necessità di farcela almeno stavolta, nelle mani di qualcuno che ti sta vicino, se sei un giocatore, abbastanza vicino, se sei l’allenatore o lontano, come nel caso del tifoso. È per questo che quando si perde uno s’incazza come una bestia, perché ci si sente traditi, era la nostra occasione per vincere, stavolta toccava a noi, e porca miseria, abbiamo perso ancora…
Tua moglie ti dice che è solo un gioco, no cara, non capisci, se guardi bene, se ci pensi come si deve, io non sono un ragazzino e questo, non è soltanto un gioco.
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