Nastya Pavlova, l’ucraina del viaggio sotto le bombe per salvare i genitori
La storia di Nastya Pavlova: ucraina che a soli 23 anni viaggia sotto le bombe da Kharkiv a Mariupol, per salvare i genitori dai russi
Nastya Pavlova è la coraggiosa ragazza ucraina, protagonista di una storia incredibile, fortunatamente a lieto fine. Appena 23enne, Nastya non ha esitato ad affrontare un viaggio pericoloso, pur di salvare la vita dei suoi genitori bloccati a Mariupol, in balia dell’assedio russo. Quando è scoppiata la guerra, la giovane era a Kharkiv dove studia all’università. “Per i primi giorni ci siamo sentiti al telefono, poi è andata via la connessione”, racconta.
Kharkiv e Mariupol sono le due città in cui la guerra è stata più dura: “Ho vissuto in una cantina – racconta Nastya – bombardavano di continuo ma avevo luce e telefono”. A Mariupol, le condizioni erano anche peggiori. Niente acqua corrente, niente elettricità né connessione, niente gas per cucinare o riscaldarsi. “Leggevo notizie drammatiche – dice Nastya – e cercavo in ogni modo di sapere se erano vivi”.
La giovane racconta inoltre di aver offerto molto denaro a dei conoscenti che abitavano in prossimità dei suoi genitori, perché le dessero loro notizie. Ma nessuno si è reso disponibile ad aiutarla. Nastya però non si è lasciata sopraffare dallo sconforto. ll 20 marzo è riuscita a scappare da Kharkiv. Con una colletta di amici e parenti la giovane ha acquistato un pulmino pensando di reclutare un autista e andare a prendere personalmente la sua famiglia.
Mentre faceva i documenti, il 23 squilla il cellulare. Era mamma Oxana: “All’improvviso è tornata la connessione, era flebile ma è durata 4 giorni”. “Vengo a prendervi”, urla Nastya col cuore a mille. “Non ci pensare, è troppo pericoloso”. Ma ormai è deciso. Un viaggio infernale tra mille check point. A Mariupol era l’inferno. “Sparavano ovunque, non si poteva passare. Iniziava il coprifuoco, abbiamo chiesto a un filorusso e ha alzato il kalashnikov: “Vaff…, c’è una guerra qui. Sparite o vi ammazzo”.
“La gente era in condizioni incredibili, non riuscivo a smettere di piangere”. Il mattino dopo, partenza alle 7, e la missione riesce. La casa era intatta. Papà e mamma aspettavano con le valigie pronte. Il ritorno è veloce. A sera erano a Zhaporizhye. Fine del viaggio, fine dell’incubo.
FONTE: La Repubblica
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