Mario Martone al Napoli Film Festival, l’amore per Napoli ed il teatro
Ospite della serata di apertura del Napoli Film Festival il regista partenopeo Mario Martone, che ha parlato del suo rapporto con la città natale…
[ads1]
Non sembri strano che la commemorazione di un eminente matematico si inizi col discorso di un umanista che di matematica sa ben poco. Ma ciò è armonico con lo spirito della nostra Scuola, dove studiosi di discipline apparentemente distanti ed autonome ritrovano in un’amichevole collaborazione la certezza della fondamentale unità del sapere. Non è diverso lo spirito che costantemente animato la cultura della patria napoletana, in cui Renato Caccioppoli si è formato e a cui è tornato dopo la parentesi padovana.
(Morte di un matematico napoletano, Mario Martone)
È con la storia degli ultimi giorni di vita di Renato Caccioppoli, docente di matematica napoletano e aderente al PCI, che il regista Mario Martone ha iniziato la sua carriera da regista cinematografico, che attualmente conta sette lungometraggi (il più recente è il celebre Il giovane favoloso con Elio Germano nella parte del poeta Giacomo Leopardi) e numerose collaborazioni cinematografiche. Ed è proprio il regista napoletano l’illustre ospite della serata di apertura dell’edizione numero 17 del Napoli Film Festival, che, per l’occasione, è stato intervistato dal direttore del Corriere del Mezzogiorno Enzo d’Errico, dopo la proiezione del suo primo film, Morte di un matematico napoletano, alle ore 19.
Un’intervista (tradotta simultaneamente nel linguaggio dei non udenti da un interprete della Scuola CounseLis) in cui il regista ha affrontato temi a lui molto cari, a partire dal rapporto con il teatro. Mario Martone, infatti, è prima di tutto un regista teatrale (allestì il suo primo spettacolo teatrale nel 1976), ed è proprio dalla sua partecipazione al laboratorio Teatri Uniti che scaturì la prima opera cinematografica del regista. Prima opera cinematografica che, come notato dal giornalista, contiene già tutti i temi che il regista ha affrontato nei film seguenti. Il rapporto con il teatro, come sottolineato da Martone, non è, però, concluso; non solo perché il regista continua ad allestire spettacoli teatrali (ad esempio, con la rappresentazione delle Operette morali di Giacomo Leopardi, per la quale vinse anche il premio La Ginestra nel 2011), ma anche perché il teatro si riflette chiaramente nei suoi film.
Un sistema binario, come definito da Mario Martone, che collega anche alcuni suoi lungometraggi tra loro (da notare, ad esempio, il collegamento storico tra Noi credevamo e Il Giovane Favoloso), i suoi film con opere letterarie (L’odore del sangue è tratto dal romanzo omonimo di Goffredo Parise) o con opere cinematografiche di altri registi (Morte di un matematico napoletano con Le mani sulla città di Francesco Rosi, entrambi incentrati sul crepuscolo della città partenopea dalla fine degli anni Cinquanta).
Ed è proprio Napoli l’altro fondamentale tema sul quale si è concentrata l’intervista, la città natale e protagonista di molti suoi film. E anche ora, sebbene Mario Martone si sia stabilito a Torino per la direzione artistica del Teatro Stabile, Napoli continua a vivere nella sua opera. Una Napoli ricca di passione e speranza, una città in cui l’Arte è viva, ed a dimostrarlo sono i sempre più numerosi esponenti del cinema napoletano contemporaneo; si pensi a Paolo Sorrentino, all’attore Toni Servillo, il quale ha collaborato spesso con Martone, o al regista Giuseppe M. Gaudino, candidato alla 72ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia per il film Per amor vostro.
Una Napoli presente anche in diverse scene dell’ultimo lungometraggio, ambientato a metà Ottocento; scene che rendono perfettamente, sebbene siano state girate due secoli dopo, perché Napoli è una città “stratificata”, una “città nella città” in cui la modernità incontra l’antichità.
L’intervista, intervallata dalla proiezione di alcune clip tratte dai film del regista, si è concentrata anche sul legame tra Mario Martone e i suoi attori; un rapporto fondato sulla verità, intesa come privazione di ogni maschera dell’attore, che scaturisce dalla cinepresa (“La macchina da presa è una macchina della verità”) e che rende possibile la costruzione di una relazione tra l’attore e il regista, ma soprattutto tra l’attore e il personaggio da interpretare, che diventerà come un suo alter-ego.
Ha seguito l’intervista la proiezione del cortometraggio Pastorale Cilentana, commissionata per essere proiettata al Padiglione Zero dell’EXPO, come simbolo della nascita della cultura del cibo occidentale. Il film muto, ambientato nel Medioevo, è un’idilliaca rappresentazione della vita pastorale medioevale; scene di caccia, pesca, allevamento, pascolo e cucina sono mostrate attraverso gli occhi del protagonista, un bambino (interpretato da Mattia Oricchio) accompagnato dal suo fedele pastore maremmano. La pura bellezza delle scene del corto è data anche dalla splendida cornice del Cilento, luogo al quale Mario Martone è molto legato. L’idea di rappresentare il Cilento sullo schermo di 45 metri del padiglione Expo è stata della moglie del regista, la sceneggiatrice Ippolita di Majo. La serata si è conclusa con la proiezione del film L’amore molesto.
Una perfetta serata d’apertura, dunque, in cui Mario Martone, uno dei più grandi registi italiani contemporanei, ha espresso l’eterno amore per la sua città. Siete curiosi di sapere cosa ha in serbo il Napoli Film Festival per i prossimi giorni?
Seguiteci su Napoli.ZON!
Foto di Federica Mirella
[ads2]
ARTICOLO PRECEDENTE
ARTICOLO SUCCESSIVO
Accadde oggi, i partenopei ce l’hanno fatta: fuori la Dinamo Tbilisi