Il gruppo sanguigno potrebbe influenzare il rischio di Covid?
Secondo una ricerca pubblicata su Nature, il gruppo sanguigno potrebbe influenzare il rischio di COVID-19.
La ricerca – Il gruppo sanguigno potrebbe influenzare il rischio di COVID-19?
Alcuni ricercatori hanno identificato due varianti geniche umane che potrebbero rendere le persone più sensibili all’insufficienza polmonare associata a COVID-19.
Tom Karlsen all’ospedale universitario di Oslo e i suoi colleghi, hanno analizzato il genoma di circa 4.000 persone provenienti da Italia e Spagna:
1.980 persone con COVID-19 che hanno sviluppato insufficienza respiratoria e più di 2.000 persone che non avevano la malattia.
Quelli con COVID-19 grave avevano più probabilità di portare una delle due varianti geniche rispetto alle persone senza la malattia.
Una variante sta nella fascia del genoma che determina i gruppi sanguigni.
Un’analisi di follow-up ha scoperto che le persone con sangue di tipo A+ avevano aumentato il rischio di insufficienza polmonare rispetto a quelle con altri gruppi sanguigni, mentre quelle con sangue di tipo O erano protette in una certa misura.
Lo studio ha segnalato una seconda variante, sul cromosoma 3, che è vicino a sei geni, incluso uno che interagisce con il recettore molecolare che il virus usa per entrare nelle cellule umane.
Ricordiamo però che lo studio non è stato ancora sottoposto a peer-review.
L’idrossiclorochina non dà effetti sul coronavirus
Intanto la ricerca di un farmaco che possa curare il coronavirus continua.
Un ampio studio clinico non ha trovato prove del fatto che il farmaco idrossiclorochina protegga le persone dal COVID-19.
Alcuni leader mondiali hanno abbracciato l’idrossiclorochina come trattamento per COVID-19 o come agente per prevenire la malattia.
David Boulware presso l’Università del Minnesota a Minneapolis e i suoi colleghi durante la ricerca, hanno assegnato casualmente 821 persone a prendere idrossiclorochina o placebo entro 4 giorni dall’esposizione a SARS-CoV-2.
Alcuni partecipanti allo studio erano operatori sanitari che avevano contatti con persone infette; altri condividevano una casa con una persona infetta.
Circa il 12% delle persone a cui è stata somministrata l’idrossiclorochina ha sviluppato COVID-19 entro 2 settimane, rispetto a circa il 14% a cui è stato somministrato il placebo.
Questa differenza non è statisticamente significativa.
Coloro che assumono il farmaco hanno anche riportato più effetti collaterali rispetto a quelli che assumono il placebo.
Fonte Nature.com
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