16 Luglio 2019

Il federalismo fiscale che lascia “Zero al Sud”

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Marco Esposito e il federalismo fiscale

Oggi Marco Esposito ha presentato a Nola, nella sede dell’Associazione Culturale Prossimamente, “Zero al Sud”. Col suo libro il giornalista descrive l’attuazione del federalismo fiscale come un progetto d’Italia sempre più divisa

Zero al Sud significa che abbiamo zero ed è giusto, secondo alcuni, che continuiamo ad avere zero“. È la frase con cui Marco Esposito sintetizza quanto scritto in “Zero al Sud” e ribadito questa mattina a Nola, durante la presentazione del suo libro ai membri dell’Associazione Culturale “Prossimamente”.

In queste settimane è tornato caldo il tema del federalismo fiscale a proposito del Regionalismo differenziato, proposta di riforma portata avanti da Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. Secondo il giornalista la riforma sarebbe il suggello di quel federalismo fiscale i cui reali effetti per il Sud non vengono ben spiegati dai media nazionali. “Di queste cose nessuno ha sentito parlare sulle reti nazionali, anche perché io stesso le ho scoperte leggendo i documenti per scrivere questo libro“.

Una descrizione accurata e con dovizia di riferimenti testuali ad atti e documenti, tanto nel libro quanto alla presentazione. Secondo Esposito, l’attuazione del federalismo fiscale non aveva, in prima battuta, tenuto conto di un importante principio costituzionale: i livelli essenziali delle prestazioni. “È possibile che una città abbia zero asili nido? Circolino zero autobus? Non ci sia mensa scolastica? L’assistenza ai disabili sia inesistente? Purtroppo sì, è possibile: accade in tanti centri, anche popolosi, del Sud Italia”. Poi aggiunge: “i Lep sono il fantasma della Costituzione, tanto che lo stesso Giorgetti, presidente della Commissione bicamerale per l’attuazione del federalismo fiscale nella scorsa legislatura, aveva sottolineato che mancasse uno dei punti cardine su cui costruire tutto il sistema“.

Emblematico il meccanismo utilizzato per individuare i fabbisogni di servizi essenziali. Si è, infatti, tenuto conto più della “spesa storica” che delle reali necessità. “Sui servizi sociali si è contato comune per comune il numero di disabili e di anziani non autosufficienti”, spiega Esposito. “Poi bisognava erogare le risorse in proporzione. Per farlo si sono inventati una variabile variabile dummy (variabile fantoccio, nda) con la quale si afferma che chi è abituato ad avere meno servizi ha, automaticamente, un fabbisogno minore“.

Un paradosso per il quale se sei povero è giusto che tu lo sia. Se sei abituato ad avere meno è giusto che tu continui ad avere meno. Un meccanismo secondo il quale il fabbisogno di asili nido del Comune di Casoria è pari a zero. Un comune che conta 80.000 abitanti e 2.200 bambini entro i 3 anni d’età. Perché? Perché è in Campania. E la Campania, storicamente, ha avuto pochi asili nido.

Sempre in tema di asili nido – spiega Esposito – a Reggio Calabria (circa 183.000 abitanti) il fabbisogno riconosciuto è di €90.000. A Reggio Emilia (poco più di 172.000 abitanti) la cifra ammonta a €9.000.000. Dieci volte tanto.

Un dibattito destinato a rimanere acceso con la richiesta di Regionalismo differenziato sul tavolo del Consiglio dei Ministri. Intanto, qualche mese fa, anche De Magistris aveva sollevato il tema. Il Sindaco di Napoli aveva parlato di “referendum per la totale autonomia della città”.

 

 

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