10 Maggio 2020

Il declino culturale di un Paese che insulta Silvia Romano

silvia romano

La notizia della liberazione di Silvia Romano è stata accolta con gioia da gran parte dell’opinione pubblica. Ma c’è chi ha preferito sguainare il proprio rancore

Ieri è arrivata una bella notizia. Forse la prima, se non una delle poche, di un 2020 rivelatosi fin qui un vero disastro. Silvia Romano – l’attivista di Africa Milele scomparsa 18 mesi fa in Kenya – è, infatti, stata liberata dopo un’intensa attività di intelligence basata su una forte collaborazione tra inquirenti italiani e kenioti. La ragazza fu rapita il 20 novembre 2018 in un centro commerciale a 80 chilometri dalla città di Malindi da 8 criminali comuni. Le ultime notizie risalenti allo scorso dicembre, invece, parlavano di uno scambio avvenuto tra questi criminali e le cellule terroristiche di Al-Shabaab in Somalia, a cui Silvia sarebbe stata venduta.

In Somalia l’attivista sembra sia stata costretta a convertirsi all’Islam e, addirittura, a sposare uno dei propri carcerieri. Una vicenda drammatica, che ha visto coinvolta una ragazza andata in Africa per aiutare gli ultimi “a casa loro”, così come chiesto da tanti cittadini. Gli stessi cittadini che, però, invece di gioire per questo lieto fine tanto sperato, hanno preferito riversare le proprie frustrazioni sulla povera Silvia.

Gli insulti a Silvia Romano: “Potevamo risparmiare questi soldi…”

Infatti, tra i tantissimi messaggi d’affetto ricevuti da gran parte dell’opinione pubblica e da esponenti di tutti gli schieramenti politici, c’è una frangia di popolazione che, a mezzo social, ne ha scritte di tutti i colori. “Vogliamo sapere quanto ci è costato. Vogliamo la verità!” scrive una donna. Seguono epiteti di ogni genere e non mancano le frasi sessiste con espliciti e irripetibili riferimenti sessuali. “Per me potevamo risparmiare questi soldi per il coronavirus“, tuona un uomo, mentre qualcun altro scrive: “se avesse pensato ai poveri di casa sua non le sarebbe successo nulla. chi è causa del suo male...”

Gli autori di quei pessimi commenti sono tanti, diffusi ed eterogenei. Si tratta di cittadini comuni, spesso genitori. Tanti commenti di mamme che, magari, oggi festeggeranno insieme ai propri figli per la ricorrenza a loro dedicata. Mamme come la mamma di Silvia, che oggi ha ricevuto il più bel regalo della propria vita, ma che per quasi due anni è stata costretta a convivere col terrore di una figlia rapita e con la sofferenza di non sapere nemmeno se fosse ancora viva. Questi commenti, purtroppo, mostrano un Paese che è capace di spaccarsi in fazioni anche quando sarebbe la cosa più innaturale. E ne siamo stati più volte testimoni anche durante la crisi che stiamo attraversando per l’epidemia di coronavirus. Una comunità che non riesce a compattarsi nemmeno nella gioia di una figlia liberata necessita di una profonda riflessione culturale.

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