Feltri ha ragione al nord non si suona il mandolino ma…
Un rigurgito razzista che ultimamente si sta palesando sempre più frequentemente nel nostro paese ma Feltri ha ragione…
Al di là delle mirabolanti avventure quotidiane che spingono il direttore di Libero Feltri a svegliarsi ogni mattina e correre più velocemente dei professionisti del sud, perché altrimenti rischia di perdere consensi e scrivere deliranti monologhi senza numeri e dati certi…
Noi possiamo però fare una valutazione obiettiva di ciò che dovremmo carpire dal suo odio viscerale per il sud.
E allora, dati alla mano, ci accorgiamo che se qualcuno ci dicesse le cose come stanno realmente, capiremmo che tutto sommato una differenza sostanziale tra il nord e il sud c’è.
Partiamo dai dati
Nell’ultimo rapporto Eurispes, si fa la quadra effettiva sui fondi che il governo investe nelle macro aree italiane e si evince che nel 2016 lo Stato italiano ha speso 15.062 euro pro capite al Centro-Nord e 12.040 euro pro capite al Meridione.
In altre parole, ciascun cittadino meridionale ha ricevuto in media 3.022 euro in meno rispetto a un suo connazionale residente al Centro-Nord.
Nel 2017, si rileva un’ulteriore diminuzione della spesa pubblica al Mezzogiorno, che arriva a 11.939 (-0,8%), mentre al Centro-Nord si riscontra un aumento dell’1,6% (da 15.062 a 15.297 euro).
Emerge una realtà dei fatti ben diversa rispetto a quanto diffuso nell’immaginario collettivo che vorrebbe un Sud “inondato” di una quantità immane di risorse finanziarie pubbliche, sottratte per contro al Centro-Nord.
Un ‘furto’ da 840 miliardi di euro netti
Dal 2000 al 2007 le otto regioni meridionali occupano i posti più bassi della classifica per distribuzione della spesa pubblica.
Per contro, tutte le Regioni del Nord Italia si vedono irrorate dallo Stato di un quantitativo di spesa annua nettamente superiore alla media nazionale.
Se della spesa pubblica totale, si considera la fetta che ogni anno il Sud avrebbe dovuto ricevere in percentuale alla sua popolazione, emerge che, complessivamente, dal 2000 al 2017, la somma corrispondente sottrattagli ammonta a più di 840 miliardi di euro netti (in media, circa 46,7 miliardi di euro l’anno).
Il Prodotto interno lordo al Nord Italia dipende molto poco dalle esportazioni all’estero e per grossissima parte invece dalla vendita dei prodotti al Sud, il quale a sua volta nei confronti dello scambio di prodotti con il Nord Italia mostra valori in perdita di diversa gravità.
La situazione di import-export tra Nord e Sud Italia, tutta a vantaggio del Settentrione è resa possibile, paradossalmente, proprio da quei tanto discussi trasferimenti giungenti da Nord a Sud, come frutto delle tasse pagate dal Settentrione.
Se questi ultimi infatti fossero oggi annullati o semplicemente ridotti, il primo a farne le spese sarebbe proprio il Nord, subendone le conseguenze peggiori.
A conti fatti, a fronte dei 45 miliardi di euro di trasferimenti che ogni anno si sono spostati da Nord a Sud, ve ne sono stati altri 70,5 pervenuti al Nord compiendo il percorso inverso.
Ciò vuol dire che se da un lato Feltri parla di un “nord che senza il sud può vivere tranquillamente” dall’altro, quello dei numeri, di fatto non è così.
Perché ogni ulteriore impoverimento/indebolimento del Sud si ripercuote sull’economia del Nord, il quale vendendo di meno al Sud, guadagna di meno, fa arretrare la propria produzione, danneggiando e mandando in crisi così la sua stessa economia.
Come spiega infatti Gian Maria Fara, presidente dell’Eurispes:
“Sulla questione meridionale, dall’Unità d’Italia ad oggi, si sono consumate le più spudorate menzogne.
Il Sud, di volta in volta descritto come la sanguisuga del resto d’Italia, come luogo di concentrazione del malaffare, come ricovero di nullafacenti, come gancio che frena la crescita economica e civile del Paese,
come elemento di dissipazione della ricchezza nazionale, attende ancora giustizia e una autocritica collettiva da parte di chi ha alimentato questa deriva”.
1+1 non fa 3
Possiamo aggiungere altri dati, ad esempio quello dei “migranti al nord” che alimentano quel motore così osannato da Feltri.
Negli ultimi 15 anni (2002 – 2017 fonte SVIMEZ) sono 2 milioni i meridionali che si sono trasferiti al Nord per lavoro.
Parliamo di un paese letteralmente spaccato dall’emigrazione di migliaia di giovani.
Dunque problema del sud non è lo sciacallaggio dei sacrifici del nord,semmai una vera e propria emergenza migratoria verso il nord a discapito del mezzogiorno.
I numeri
In 15 anni i cittadini trasferiti al nord sono 2 milioni (132.187 solo ne 2017).
Se prendiamo i soli dati di questo anno, si evince che 66.557 sono solo giovani, poco più della metà, di cui il 33.0 % sono laureati).
Inoltre c’è da aggiungere che a peggiorare lo stato delle cose nel meridione è la quasi assenza dei flussi migratori anche dall’estero.
In altre parole sono più i meridionali che emigrano dal Sud per andare a lavorare o a studiare al Centro-Nord e all’estero che gli stranieri immigrati regolari che scelgono di vivere nelle regioni meridionali.
In base alle elaborazioni della Svimez, infatti, i cittadini stranieri iscritti nel Mezzogiorno provenienti dall’estero sono stati 64.952 nel 2015, 64.091 nel 2016 e 75.305 nel 2017. Invece i cittadini italiani cancellati dal Sud per il Centro-Nord e l’estero sono stati 124.254 nel 2015, 131.430 nel 2016, 132.187 nel 2017.
Questi dati si traducono in una vera emergenza che determina
“…una perdita di popolazione, soprattutto giovanile, e qualificata, solo parzialmente compensata da flussi di immigrati, modesti nel numero e caratterizzati da basse competenze“.
Una dinamica che determina soprattutto per il Mezzogiorno “una prospettiva demografica assai preoccupante di spopolamento, che riguarda in particolare i piccoli centri sotto i 5 mila abitanti”.
Tirando le somme dunque, si evince che il problema non è che il sud campa sul laborioso nord perché nel meridione si suona il mandolino.
Ora, il punto è che un buon giornalista dovrebbe svegliarsi ogni mattina e correre più velocemente degli altri giornalisti per offrire per primo la verità e dimostrare di essere il migliore.
Probabilmente al lettore medio, i dati possono essere meno attrattivi di un rigurgito razzista che ultimamente si sta palesando sempre più frequentemente nel nostro paese.
C’è chi mangia con la pancia e chi con la testa…
Feltri da un lato ha ragione, al nord non si suona il mandolino, però forse avrebbe dovuto aggiungere che non si suona SOLO il mandolino, perché il nord ha sempre più il profumo di nduja, pizza, cannoli e orecchiette.
Feltri se ne faccia una ragione.
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