15 Agosto 2024

Diagnosi errata, morta a 40 anni. Maxi risarcimento

Foto concessa dalla famiglia Amato

Foto concessa dalla famiglia Amato

DIAGNOSI ERRATA, MORTA A 40 ANNI. MAXI RISARCIMENTO

Una storia terribile e dolorosa, impregnata di errori gravi e malasanità che hanno portato una donna di quaranta anni alla morte nel 2021.

La vicenda è avvenuta in Toscana: nella giornata di martedì 13 agosto, la famiglia ha vinto la causa. Il Tribunale Civile di Firenze ha infatti condannato l’Azienda sanitaria locale Toscana Centro ad un maxi risarcimento di 950 mila euro, più interessi e spese processuali.

Nel 2014 Angela percepisce un piccolo nodulo al seno. Per scrupolo decide di compiere tutti gli accertamenti del caso e si reca all’ospedale di Empoli. Dopo la visita medica, lo specialista per risolvere ogni dubbio, esegue l’agoaspirato e invia il campione al laboratorio per le analisi. L’errore fu commesso in un laboratorio dell’ASL di Fuceccchio, in provincia di Firenze, da chi esaminò il campione del nodulo al seno.

Diagnosi errata: la realtà era ben diversa

La formazione tumorale sembrò di natura benigna. Il risultato delle analisi sollevò Angela, i familiari e l’oncologo, che non prescrisse le cure necessarie. La realtà era purtroppo ben diversa, in quanto – si legge nell’iter processuale – si trattava di “una possibile malignità delle cellule”.

Nello specifico, sarebbero stati necessari ulteriori e più approfonditi esami per stabilire l’entità della neoplasia. L’esito inverosimile del referto clinico diventa evidente dopo quindici mesi: la donna infatti non sta bene. Le condizioni di salute di Angela peggiorano. Il nodulo cresce, le cellule maligne permeano i tessuti circostanti fino alla produzione di metastasi.

I medici dello stesso ambulatorio si rendono conto del tragico errore: il tumore era di natura maligna, infatti successivamente alla donna viene diagnosticato un carcinoma mammario metastatico. La sentenza giunta dal Tribunale chiude definitivamente il cerchio sulla vicenda: “Se avesse iniziato subito le cure, la donna sarebbe guarita”.

L’avvocato Minucci: “Una sentenza storica”

L’avvocato Valerio Minucci del Foro di Napoli, che ha difeso gli interessi dei familiari della paziente è stato chiaro: “Si tratta di una sentenza storica”. Ai microfoni de ‘Il Corriere Fiorentino’ Il consulente legale ed esperto di malasanità ha spiegato: “Fino a ora le sentenze di questo tipo avevano stabilito un nesso causale tra l’errore che porta a una diagnosi tardiva e il danno nella qualità della vita del paziente”.

La triste storia di Angela è decisamente diversa dai casi precedenti: “In questo caso è emerso chiaramente che se la mia assistita fosse stata curata sin dall’inizio per il tumore maligno, che era ancora agli stadi iniziali, sarebbe quasi certamente sopravvissuta. Quindi, si è stabilito un nesso causale diretto tra una ritardata diagnosi e il decesso”.

Le motivazioni della giudice Fabbrini sulla diagnosi errata

La responsabilità dell’accaduto è a carico dell’anatomopatologo e del suo staff, che hanno in maniera tangibile, effettuato una diagnosi errata sul campione. Con il medico che successivamente è stato indotto in errore, non prescrivendo nessuna terapia farmacologica e/o chirurgica.

La giudice del Tribunale civile del capoluogo toscano, Barbara Fabbrini ha stabilito che «l”errore medico, a seguito di una diagnosi citologica, sbagliata, ha comportato una riduzione della probabilità di sopravvivenza della signora di oltre il 70%, ed ha perciò inciso in maniera ragguardevole sul bene vita, ponendosi in diretta correlazione causale con la morte»

Il grido di dolore della figlia Alessia

Angela avviò in prima persona la causa contro l’ambulatorio quando era ancora in vita. La donna era consapevole che la sua lotta, iniziata in condizioni cliniche sempre più gravi, sarebbe servita a dare giustizia alla famiglia ed evitare che episodi di malasanità di tale portata potessero distruggere altri nuclei familiari.

Il testimone della causa era passato al marito, che ha ripreso la causa anche per conto delle due figlie. Alessia era minorenne all’epoca dei fatti ed ha avuto la forza e il coraggio di esprimersi e raccontare la tragica storia ai microfoni del TG3: «Ricordo gli ultimi mesi dolorosissimi. Con tanti medici e infermieri che venivano a casa. E tante medicine da comprare».

Martedì 13 agosto la sentenza da parte del Tribunale civile di Firenze: «Abbiamo voluto affrontare e proseguire questo percorso giudiziario. Era il desiderio di mia mamma e di conseguenza anche il nostro. Lei era convinta che alla fine saremmo arrivati a questa conclusione. Abbiamo avuto giustizia. Allo stesso tempo so benissimo che lei non può tornare. Era una persona con un cuore enorme, amorevole e dolcissima. Che mi ha trasmesso grandi valori».

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