3 Aprile 2020

Coronavirus, esce il primo film dedicato: il covid tra paura e pregiudizio

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Coronavirus: il covid-19 diventa protagonista di un film del regista iraniano Mostafa Keshvari. Il virus tra paura e pregiudizio

Coronavirus – Erano i primi giorni di gennaio ed il covid-19 pareva un virus orientale.

“Virus cinese”, era stato definito così. Come se l’agente patogeno elegesse un’etnia a sua vittima esclusiva, come se esistessero dei confini invalicabili – in un mondo cosi globalizzato ed interconnesso – che rendessero la Cina una nazione altra, situata in un altrove indefinito ed irraggiungibile.

Il regista iraniano, Mostafa Keshvari, già autore di vari corti e di un lungometraggio girato nel 2018, ha visto nel virus una maschera macroscopica, dietro cui si cela la  tendenza della società al pregiudizio ed alla discriminazione, neanche troppo latenti.

“I cinesi venivano attaccati anche in modo violento, venivano considerati come untori da cui tenersi alla larga“- ha pensato il regista.

E così, in pochi giorni, ha scritto la sceneggiatura del suo nuovo film, e in dieci giorni ha creato il set, rigorosamente a bassissimo costo: “Abbiamo affittato uno spazio e ci abbiamo costruito un ascensore“.

Sì, un ascensore. E’ proprio in un ascensore che il regista ha avuto l’ispirazione, leggendo sui quotidiani degli episodi di discriminazione ai danni dei turisti cinesi, occorsi in varie parti del mondo. Ed è in un ascensore che è ambientata la pellicola.

La “location” è già ansiogena per natura, per chi è claustrofobico. E la scelta non è stata casuale.

Il regista ha messo insieme 7 personaggi, tra cui una ragazza cinese sospettata di avere il coronavirus e li ha “rinchiusi” in un luogo angusto, ristretto, dal quale è impossibile scappare.

La vicinanza fisica, il sospetto che si insinua nella psiche dei 6 personaggi, la voglia di allontanarsi dal possibile “untore”…tutto questo e molto altro ancora c’è nei 63 minuti di questo instant thriller psicologico.

Parla di paura, è uno studio sulla società, le persone e le scelte morali“, dichiara Mostafa al New York Times.

I protagonisti – tutti eterogenei e con storie di vita ed estrazioni socio-culturali diverse – rispondono ciascuno a suo modo all’input della paura.

Agli attori, Mostafa ha lasciato una certa libertà creativa: tutti sono stati invitati a non seguire un copione rigido, ma a calarsi nel personaggio, a dargli anima, facendo parlare le proprie paure e la propria istintività.

Ne è nato un thriller psicologico aderente alla realtà: dove i personaggi perdono il controllo delle proprie reazioni, dove si parlano addosso, dove i tempi ed i ritmi dei dialoghi non sono costruiti, ma squisitamente realistici.

Il coronavirus ci ha chiamati a superare i nostri limiti psicologici: “In poche settimane ha colpito tutti, non ha messo in atto discriminazioni di sorta. Perché dovremmo farlo noi? L’umanità tutta è chiamata ad unirsi per combatterlo. Non esistono barriere“.

La pellicola sarà disponibile presto in streaming.

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