30 Settembre 2020

Cimiteri dedicati ai feti abortiti: violazione della privacy

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I cimiteri per i feti abortiti violano le leggi sulla privacy. Bambini abortiti e seppelliti sotto il nome della madre

Scoppia il caso dei cimiteri per i feti abortiti.

Dopo una vicenda accaduta a una donna di Roma, si è posta l’attenzione sulla violazione della privacy che questa procedura comporta.

Una donna romana, dopo aver abortito, ha rifiutato di dare il consenso per la sepoltura del feto. Dopo sette mesi, al momento del ritiro dell’istologico, la donna ha appreso che il feto abortito era stato seppellito nel cimitero Flaminio di Roma sotto una croce bianca con su scritto il suo nome.

I feti non volontariamente seppelliti venivano quindi ricordati recando sulla croce bianca il nome della madre.

La vicenda ha creato scalpore.

La donna coinvolta, oltre al forte impatto emotivo creato dal vedere il suo nome indicare la tomba del bambino mai nato, ha sottolineato la violazione della privacy avvenuta.

Se una donna abortisce prima della ventesima settimana, dello smaltimento del feto se ne occupa l’ospedale. Dopo le 20 settimane è data la possibilità di scelta alla famiglia o quest’ultima può decidere di delegare l’ospedale. In questo caso i feti vengono riposti in cassette e portati nel Giardino degli Angeli. Viene posta una croce bianca su cui si può decidere o meno se indicare il nome della madre.

Non si è rispettato il principio di scelta.

Subito è giunta la replica della senatrice del PD Monica Cirinnà sulla sua pagina Facebook:

Ogni donna ha il diritto di scegliere se e come portare avanti una gravidanza. E ogni donna che abortisce, a prescindere dalla ragione per cui lo fa, deve avere il diritto di decidere il destino del feto. 

C’è chi sceglie, liberamente, di seppellirlo. Ed è una decisione che va rispettata. Ma non può essere una procedura automatica e imposta a tutte, senza comunicazione, senza richiesta, senza consenso. Perché questa diventa violenza. E vedere il proprio nome stampato sulla croce di un feto è una evidente violazione della privacy.

Come a dire a tutti: “La signora ha abortito”. Questo non è accettabile. Gli attacchi alla libertà delle donne riguardo alla scelta di diventare o non diventare madri arrivano ormai da ogni parte, continuamente. 

La 194 minata da piccole, silenziose, ma insidiose procedure come questa. L’accesso alla RU486 messo in discussione con un uso strumentale della “salute della donna”. A oltre 40 anni dall’affermazione della libertà di scelta delle donne, si sta tentando di rimettere tutto in discussione. Non lo permetteremo“.

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