15 Giugno 2015

Paese razzista e l’infinita caccia alle streghe

Paese razzista, polemiche a non finire per un post su Facebook contro un gruppo di ragazzi di colore sul regionale per Napoli. L’Italia è sempre più un paese razzista? Gli italiani sono razzisti?

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Non c’è neanche bisogno di andare a leggere le statistiche che descrivono i cittadini del Bel Paese come i più xenofobi del Vecchio Contintente, proprio loro che all’inizio del Novecento erano il gruppo etnico più emarginato e malvisto di un paese dove erano tra i maggiori gruppi di immigranti, gli Stati Uniti d’America.

Ormai per gli italiani parlano i fatti.

Abbiamo un paese che ha avuto al governo una forza politica che da trent’anni fa una battaglia per dividere l’Italia in due parti: quella che produce e quella che non fa nulla, che vive alle spalle del prossimo e che impedisce alla prima di decollare economicamente.

Abbiamo un paese dove ogni domenica si invoca l’eruzione di uno dei vulcani più grandi e pericolosi del pianeta per cancellare dalla faccia della terra un intero popolo.

Abbiamo un paese che ha gioito per la morte di quasi mille immigrati che scappavano dalla guerra che proprio noi europei gli abbiamo portato in casa.

Abbiamo gioito perché i migranti ci vengono a rubare il lavoro e perché portano il degrado nelle nostre strade.

Poi, fa niente che gli italiani non vogliono andare a raccogliere le nocciole dagli alberi d’estate e le arance d’inverno per venti euro al giorno. Del resto, poi, come farebbero a comprare l’ultimo modello di smartphone in vendita sugli scaffali?

Fa niente che il 90% di questi immigranti vuole lasciare l’Italia perché siamo ormai un paese impoverito e che a malapena arriva a fine mese, nel quale il leader di chi urla ancora “Roma Ladrona” paga 20 euro al giorno gli immigrati del Bangladesh per distribuire volantini elettorali per la sua forza politica.

Lo straniero è un nemico e basta, dobbiamo combatterlo.

Chiariamoci subito: io per primo amo le differenze.

Non mi piace tanto l’uniformità, perché il bello delle culture, secondo me, è la varietà.

Ma il razzismo proprio non mi scende giù.

Non mi scende  giù perché faccio parte di quel popolo al quale ogni settimana viene augurato di morire sepolto dalla lava del Vesuvio, perché in quanto campano e meridionale sono sporco e puzzo.

E poi non mi piace più perché a differenza di molti altri, ho preferito aprire i libri di storia e leggere un po’ di giornali, cosa che tanti (troppi) non fanno, e si affidano solo a televisione e social network per farsi la propria idea delle cose.

Così, quando ho letto che la Francia, dopo aver bombardato il Mali (che è uno dei paesi dai quali transitano orde di migranti provenienti dal Centro e dal Sudafrica in direzione Nord-Europa), ha chiuso le frontiere e sospeso il trattato di Schengen perché gli stranieri ai quali Parigi ha distrutto le case i francesi non li vogliono, mi sono indignato.

Ma scusa, state facendo da mesi una battaglia insieme alla Germania e contro la Grecia appellandovi all’unità dei popoli e delle nazioni d’Europa perché vi deve dei soldi, e poi respingete chi vi chiede asilo in fuga da una guerra che voi stessi gli avete fatto?

Va bene, i francesi hanno le loro piccole fissazioni, questo si sa.

Gli italiani, invece?

Beh, loro in questo momento stanno urlando al governo di prendere gli immigrati da Ventimiglia, rimetterli sulle navi in direzione Libia e cacciarli via, perché se questi restano qui poi si mettono a delinquere, tirano fuori il machete e staccano un braccio ad un controllore nel bel mezzo del centro di Milano.

Tutto sommato agli italiani andava bene la Libia di Gheddafi, un paese che sbatteva i migranti in galera e li faceva frustare vietando ogni regola e norma di diritto internazionale sul trattamento degli esseri umani, perché così almeno gli stranieri non venivano.

All’epoca mi ricordo che noi del bel paese ci indignammo perché il Colonnello, in visita ufficiale, celebrava l’indipendenza dalla Libia con la sua foto che ritraeva i resistenti anti-italiani sul bavero della giacca e perché aveva installato la sua tenda da beduino e le sue amazzoni al centro di Roma.

Non mi meraviglio, quindi, di vedere che proprio in questi giorni, sugli schermi di computer e sui tablet di tutta Italia è partita una nuova polemica anti-stranieri, la quale stranamente sta trovando pure la stampa concorde.

Si tratta di un resoconto di un’utente di Facebook, la quale ha scritto un articolo narrando di un gruppo di pericolosi delinquenti saliti a fare “ammuina” su un regionale che dal Cilento porta fino a Napoli, indignandosi di come il capotreno terrorizzato non abbia controllato il biglietto ad un gruppo di stranieri, multando invece una povera vecchina sprovvista di tagliando.

Intendiamoci, il problema non é quello di non aver chiesto il biglietto: il biglietto si paga, anche se in un paese “civile” i trasporti dovrebbero essere gratuiti e pagati con le tasse dei cittadini.

La polemica, sterile quanto inutile, riguarda il paragone azzardato che l’utente ha fatto dei ragazzi stranieri con i latinos che a Milano hanno quasi staccato un braccio al controllore del capoluogo lombardo con un colpo di machete.

paese razzistaQuesti che sedevano sul regionale cilentano erano semplicemente un gruppo di ragazzotti rumorosi, vestiti da rapper e con l’iPhone in mano.

Lo sappiamo perché la ragazza ne ha anche fotografato uno, invadendone peraltro la privacy (ma questo forse non èil caso di dirlo), e il tipo ci sembra tranquillo sul suo sedile ad aspettare che il treno arrivi in stazione.

Il problema, purtroppo, è che questi tizi erano neri, e l’associazione nero-criminale agli italiani piace assai.

Così la notizia, che probabilmente doveva essere riportata in modo diverso, sottolineando che le colpe erano forse del controllore che non ha chiesto il biglietto ai ragazzi, si è fatalmente trasformata in qualcosa di ben diverso.

Si è detto allora che i ragazzi erano pericolosi come quelli di Milano, che il controllore era spaventato dalla possibilità di rimetterci un braccio, e si è lasciato intendere che anche qui siamo sotto il controllo delle bande che fanno il bello e il cattivo tempo.

Sinceramente, a me che scrivo, il problema sembra innanzitutto mal posto: se un controllore non chiede il biglietto a quattro ragazzi rumorosi ma multa una vecchietta davanti ai tuoi occhi, sei tu cittadino che, vedendo e non lamentandoti, hai consentito una disparità di trattamento, non i ragazzi che facevano chiasso nel treno. Quello lo fanno tutti i ragazzi.

Evidentemente, il problema era il colore della pelle, perché giustamente l’autrice del resoconto ci tiene a sottolineare che i ragazzi parlavano una lingua gutturale e soprattutto parlavano e ridevano, vestiti con catene d’oro e zaini della Invicta e con l’iPhone in mano. Praticamente il ritratto dell’80-90% dei ragazzi italiani, che oggi indossano quasi tutti abiti da rapper, hanno l’iPhone e portano lo zainetto sulle spalle. E naturalmente parlano uno slang tutto loro che trent’anni fa aveva pure un nome: quello dei paninari.

Forse il dubbio era che il cellulare e lo zainetto questi ragazzi lo pagassero coi proventi delle rapine?

Sinceramente il dubbio mi resta, perché sono tanti, statisticamente di più gli italiani, che il biglietto non lo pagano. E un iPhone di un paio di generazioni fa lo paghi 165 euro, roba che pure uno che chiede un euro per un pacco di fazzoletti ormai riesce a comprare.

Poi però leggo che la tipa che ha fatto il resoconto si dichiara razzista, e allora mi rendo conto che queste mie 1300 parole sono state probabilmente inutili, perché mi sono trovato a commentare il post di una che ha sparato sulla croce rossa e sui più deboli, senza porre la dovuta attenzione sul problema reale di tutta questa storia.

E cioè: perché un giornale come il Corriere del Mezzogiorno ha dato una simile visibilità a questa notizia? Secondo voi l’Italia è un Paese razzista?

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