Corpus Dominae, il cortometraggio finalista di BodyTelling
Gianluca della Corte, grazie al suo cortometraggio “Corpus Dominae” è arrivato finalista al progetto di Marie Claire. “Bodytelling” racconta il corpo femminile
BodyTelling è un progetto della rivista nazionale Marie Claire, rivolto alla generazione Z – che comprende ragazzi nati tra il 1995 e il 2010. Gli studenti delle università eccellenti d’Italia sono stati selezionati per raccontare il corpo della donna. La redazione di Marie Claire si è rivolta a 20 scuole, in particolare a dei relatori sensibili a queste tematiche. Sulla base di questi criteri hanno individuato il seminario “Scritture in transito – Tra letterature e cinema” curato dalla professoressa Silvia Acocella. Tramite il laboratorio di Audiovisivi e Multimediali interno al seminario, guidato da Gianluca Della Corte, anche la Federico II ha avuto modo di essere coinvolta.
“Partecipare per me è stata una bella sfida” – dichiara Gianluca, autore del progetto – “Bisogna considerare che la nostra università non possiede un vero e proprio corso di tecniche cinematografiche. Mi sono trovato a competere contro ragazzi che studiavano alla Domus Academy, scuole di cinema e comunicazione, o che in maniera più diretta possedessero attrezzature e strumenti più adeguati al caso. Ho lavorato grazie alla mia passione o intuizione, se vogliamo, senza aver studiato professionalmente la materia. Arrivare in finale con questi mezzi, per me è stata una bella soddisfazione.”
“Come raccontare, quindi, il corpo della donna? Ho pensato di partire da quegli stereotipi che vanno a cicatrizzare il corpo femminile. Il mio cortometraggio, già dal titolo CORPUS DOMINAE, inserisce lo spettatore in un contesto liturgico, che in questo caso è stato desacralizzato.” – continua Gianluca.
La prima parte narra di un rito funebre in cui le donne, ancora vestite e truccate come la società le pretende, celebrano la morte degli stereotipi della femminilità. Infatti indossano vestiti lunghi neri e hanno un trucco piuttosto omologante. La protagonista porta in mano un animale scuoiato, esposto nella sua nudità. Una vera e propria profanazione del sacrificio. Il sacrificio, solitamente, può indicare un tentativo di avvicinamento tra l’ente umano (l’uomo) e quello extraumano (la divinità): nel corto, invece, è stata marcata una consapevole presa di distanza tra i due, dove l’ente extraumano è l’Immagine divinizzata e/o stereotipata.
Il coniglio non viene messo in maniera leggiadra sul marmo sacrificale, ma viene gettato lì in maniera brusca e violenta, insieme ai simboli delle varie femminilità stereotipate: la donna madre – con il latte verasato – la donna vergine – la calla -, la donna ingenua, la donna sensuale, ecc.
Nella seconda parte, dopo i fotogrammi cinerini, vi è un’evoluzione. Ormai il corpo, autodeterminato e libero dalle sue costrizioni, è riflesso nella sua autenticità avanti ad uno specchio. I soggetti, finalmente svincolati, confessano alcune esperienze personali, in un’intervista spontanea e improvvisata, di cui gli stessi attori non erano a conoscenza.
“La cosa bella che conservo di questo progetto è stato aver scoperto in itinere, durante la realizzazione durata un solo giorno – due giorni prima della scadenza del concorso – la profondità maggiore di ognuno di loro. La finzione, tipica della rappresentazione, si è fusa con la verità che emergeva delle esperienze e dalle vicissitudini di ognuno.” – conclude Gianluca – “Non sono tornato a casa con un trionfo materiale, ma nel momento in cui ho chiuso le riprese mi sono già detto vittorioso. Avevo realizzato qualcosa che è andato al di là delle mie aspettative, e aver intessuto un rapporto pelle a pelle con gli interpreti, è la vittoria più grande.”
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