Ventidue anni senza Massimo Troisi
Sembra ieri che il nostro Massimo ci ha lasciati, eppure sono già passati ventidue anni. Dagli esordi nei primi anni Settanta con le farse messe in scena con l’amico di una vita Lello Arena alla scomparsa prematura poche ore dopo aver girato il suo ultimo capolavoro, un ritratto del solo, possibile, “Pulcinella senza maschera”
[ads1] Sceneggiatore, attore, regista, cabarettista, comico con una vena di malinconia e tanta, tanta, simpatia.
Questo era Massimo Troisi, il solo, possibile, “Pulcinella senza maschera“: il novello Totò, l’erede istintivo di Eduardo De Filippo.
Il destino ce lo ha strappato ormai da ventidue anni, quando solo poche ore dopo aver concluso le scene del suo ultimo capolavoro, l’immortale e nostalgico “Il Postino“, il film che probabilmente lo consacrò definitivamente nell’olimpo dei grandi, consegnandolo alla leggenda, Massimo se ne andò in silenzio, colpito da un attacco cardiaco provocato dalle febbri reumatiche tipiche della sua malattia.
Voleva farlo “col cuore“, quel film, come Troisi stesso confessò al collega Renato Scarpa: era il film che narrava la storia del poeta Cileno Pablo Neruda durante il suo lungo soggiorno in Italia, e Neruda era interpretato dall’attore francese Philippe Noiret, mentre Troisi si riservò il ruolo del protagonista, il postino-poeta che andava a trovare l’autore per fargli leggere le sue poesie.
E con il cuore lo fece, Massimo, anche se lui, il cuore, ce lo aveva messo in tutti i suoi film, nelle sue farse, nei suoi spettacoli.
Dagli esordi nei primi anni Settanta, fino a quell’ultimo film, Massimo aveva dimostrato a tutti che la comicità napoletana non si era conclusa con Totò e con Eduardo De Filippo, ma si era evoluta, aveva cambiato forma e lui ne era diventato il nuovo interprete.
Aveva iniziato con la farsa di Antonio Petito E spirete dint’ ‘a casa ‘e Pulcinella; poi, conosciuto anche Enzo DeCaro, con lui e Lello Arena aveva creato la compagnia de “La Smorfia“, con la quale si fece conoscere in RAI e con la quale girò divertentissime scenette ambientate nei vicoli di Napoli e nelle limitrofe città campane, come “Ketty“, nella quale DeCaro va a nominare tutte le città nelle quali l’artista “Ketty”, interpretata proprio da Massimo Troisi, è diventata famosa, da Acerra fino a Frattamaggiore, passando per Nola, Purchiano e Casavatore.
Dopo La Smorfia, fu tutto un crescendo per massimo, che passò al grande schermo e cominciò la sua carriera da attore e poi da regista: Ricomincio da Tre, No grazie il caffé mi rende nervoso, Pensavo fosse amore e invece era un calesse, Non ci resta che piangere, furono solo alcuni dei titoli che lo videro interprete, e lo consegnarono a quell’olimpo dei grandi di cui abbiamo detto all’inizio.
La sua comicità era malinconica, parlava e metteva in scena l’antieroe con tutti i suoi difetti, e spesso raccontava la vita degli ultimi della scala sociale.
La sua grandezza, inoltre, gli ha permesso di restare dov’è, di non finire nonostante la sua esperienza terrena sia conclusa.
Ancora sugli schermi di tutte le reti sia nazionali sia locali, Massimo Troisi è ancora qui tra noi: forse nuovi film interpretati da lui non ne vedremo più, ma certamente la sua bravura ne ha fatto un mito per tutti, anche quelli che sono nati dopo che, quel maledetto 4 giugno 1994, Massimo Troisi ci ha lasciati.
Sì, perché con la sua semplicità, la sua simpatia e la sua verve comica, Massimo è riuscito davvero a catturare tutti, e la sua presenza costante sugli schermi ha fatto sì che tanti suoi tormentoni, battute e gag siano divenute d’eredità comune.
Oggi la sua San Giorgio lo ricorda con «Ciao Massimo…Pensavo fossi amore invece sei di più»: si chiama così, infatti, l’esposizione curata sotto ogni dettaglio dal fratello dell’artista, Gigi.
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