Life Support Napoli: arrivata al porto la nave emergency con 76 migranti
Sbarca a Napoli la nave Life Support Emergency che lo scorso venerdì ha salvato circa 76 naufraghi a Malta, partiti dalla Libia che hanno rischiato davvero la vita. A riportare la notizia il Mattino, migranti dalla Siria, all’Egitto, sino all’Etiopia, da Africa e Medio Oriente.
Tanti i minori salvati dalla Life Support, ma preoccupano i racconti dei migranti
Tra questi moltissimi i minori, per la precisione 24, di cui 16 non accompagnati ed una bambina di 7 mesi. Sbarcata stamattina al Porto di Napoli, la Life Support Emergency si sposterà ad Augusta per rifornimento. Ma ciò che preoccupa di più sono le testimonianze dei migranti, specie sulle coste libiche.
Violazione dei diritti umani e soprusi, il lato oscuro della Libia
Testimonianze da brividi ma soprattutto comuni, quelle dei migranti passati per le coste libiche. Violenze di ogni tipo all’ordine del giorno, i racconti dei naufraghi salvati dalla Life Support parlano di un ambiente ostile ed oscuro. Il racconto che più di tutti ha fatto riflettere, è quello di un ragazzo egiziano di 26 anni, di seguito eccone riportata la testimonianza.
Via dall’Egitto perchè la vita non è più sostenibile
“Sono partito dall’Egitto perché la vita lì è diventata insostenibile, non si trova lavoro, è tutto troppo costoso, diventa complicato anche permettersi da mangiare – racconta un ragazzo egiziano di 26 anni -. A volte non riuscivo nemmeno a comprare del pane. È vivere questo? Sono il primogenito e i miei fratelli e sorelle più piccoli non hanno modo di procurarsi da vivere in Egitto, quindi ho deciso di partire per cercare lavoro e poter mandare dei soldi a casa.”
I maltrattamenti subiti sono gravissimi
Era la mia responsabilità verso la mia famiglia. Sono stato in Libia per soli tre mesi prima di riuscire a partire, ma sono bastati a farmi vedere cose orribili. Sono stato imprigionato insieme ad altre persone egiziane, ci tenevano in una casa piccolissima tutti insieme e ci trattavano come animali. Ci picchiavano quotidianamente, senza motivo, a volte per il gusto di farlo oppure per farsi mandare più soldi dai nostri familiari. È stato terribile. Quando ho visto la vostra nave, pensavo che foste libici e stavo per buttarmi in mare. Avrei preferito morire annegato che tornare in carcere in Libia. Ancora non riesco a credere di essere stato portato in salvo“.
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