Napoli, può esistere davvero una gioia profonda esente da malinconia?
L'Inter è stata strapazzata, l'anima azzurra torna a brillare ma porta con sé una patina di irrinunciabile, deliziosa malinconia
Il Napoli disintegra l’Inter, ritrovando nella serata perfetta al Maradona le motivazioni per tornare in campo con l’identità ed il carattere mostrato in tutta la straordinaria stagione in via di conclusione.
Un 3-1 che sa di voglia, fame, alchimie ed equilibri di squadra perfetti, ma che ha anche il sapore dolceamaro della nostalgia. Gli azzurri vincono e convincono, si abbracciano ed esplodono di gioia in una festa infinita che la città sta vivendo oramai da mesi.
Eppure, quell’abbraccio di Di Lorenzo a Luciano Spalletti parla, sì, di gioia ma anche di mancanza. Un messaggio, un saluto, un tentativo di far sentire al tecnico tutto l’amore che ha saputo creare in una compagine che ha stupito il mondo intero.
Le parole del mister di Certaldo a DAZN prima ed in conferenza poi sembrano sancire l’addio. Due anni intensi, vibranti di passione, emozionanti all’ultimo respiro. Una PEC ad esercitare l’opzione unilaterale ma non a cancellare i pensieri di Luciano: uomo di campo, uomo di erba e pallone, intenso come pochi.
E i suoi pensieri, Luciano, li ha mostrati ieri a tutti, lasciando socchiusa la porta dell’anima, spalancata sulle emozioni, a metà strada tra felicità ed infelicità. Ché Luciano è così: mai banale, mai superficiale, mai prevedibile o scontato.
“Sarò in grado di continuare a dare gioia ai napoletani?”, sembra essere questa la domanda, dilaniante, che l’ha attraversato fin da quando ha capito che sì, quel sogno poteva diventare realtà. E gli si sarà riproposta ad ogni gol dei suoi calciatori, ad ogni vittoria conquistata, ad ogni metro compiuto verso il grande traguardo tricolore.
Dargli torto sembra impossibile, anzi lo è: Luciano ha dato tutto, ma proprio tutto. Si è trasferito a Castel Volturno per dedicarsi solo al calcio, al suo Napoli, lontano dalla movida di una città in festa, che aveva già proclamato il suo eroe.
Fango e pallone, una panda tutta azzurra e tricolore, il Vesuvio stampato a fuoco vivo nell’anima: Luciano Napoli non la dimenticherà mai, ma sembra essere al passo d’addio.
Il calcio, grande paradigma della vita, può cambiare in un soffio, e la piazza continua a sperare nel colpo di teatro che leghi Spalletti ancora a Napoli, alla sua Napoli azzurra, bella, bellissima come nessuna.
Ma il futuro sembra già scritto: nei suoi occhi, nelle sue parole, nelle sue espressioni. In quell’abbraccio di Di Lorenzo dopo un gol di straordinario carattere e bellezza.
“Se si continua, andrò a mille come sempre”, ha dichiarato solo qualche giorno fa. La domanda che accomuna tutti, a queste latitudini, è esattamente questa: “si continua?”.
Spetterà a De Laurentiis dare l’annuncio e sciogliere tutti i dubbi, mettendo fine all’ “acqua, fuoco, fuocherello, fuochettino” di queste settimane sospese a mezz’aria tra euforia e malinconia. Ché a Napoli nulla è scontato, nemmeno la gioia, che segue strade tutte sue, che gli altri non possono capire.
“Ci facciamo del male da soli”, si sente ripetere in giro: ma poi, farsi male che cos’è? Non è la vita stessa che, nei momenti di massima gioia, conduce per mano a riflessioni profonde ed intense? Esiste una gioia tonda, perfetta, che sia del tutto esente dalla malinconia?
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