S.Maria Capua Vetere, pestaggio in carcere
Dopo due anni dal pestaggio di massa dei detenuti del carcere di Santa Maria Capua Vetere emergono delle sconcertanti verità sull'accaduto
Napoli. Sono trascorsi due anni da quando il 6 aprile 2020 circa 300 poliziotti furono artefici di un pestaggio di oltre 200 detenuti del carcere di Santa Maria Capua Vetere. Lo scopo era quello di punire in modo “esemplare” per avere messo in atto delle proteste in seguito alla paura e alla preoccupazione della diffusione del coronavirus nel carcere al tempo del Covid.
Nella giornata di ieri si è tenuta l’udienza dei due agenti protagonisti del pestaggio in carcere di Santa Maria Capua Vetere poichè avevano richiesto il rito abbreviato. Per i due agenti la Procura si è espressa con sei anni di reclusione per un agente, tre anni e otto mesi per l’altro. Per tutti gli altri agenti imputati bisognerà attendere il processo ordinario.
Durante il processo sul pestaggio in carcere di Santa Maria Capua Vetere è emersa la storia singolare di uno dei detenuti che ha raccontato quanto ha vissuto nel carcere. Si chiama Fakhri Marouane ed ha raccontato di essere entrato nel carcere il 10 Marzo del 2020 (1 mese prima del pestaggio in carcere), lì come riportato anche da Ansa.it è Vesuviolive.it è stato pestato sin da subito. Dopo il pestaggio del 6 aprile, poi, è stato trasferito nel carcere di Pescara dove il trattamento riservatogli è stato di tutt’altra natura.
Fakhri Marouane ha potuto accedere all’istruzione, grazie alla sua buona condotta gli è stato possibile diplomarsi e partecipare a delle attività lavorativo fuori dal penitenziario. Attualmente è orientato al reinserimento nella società una volta uscito dal carcere.
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