Eutanasia legale: dal 30 giugno la raccolta firme
Il 30 giugno partirà la raccolta firme per indire un referendum sull’eutanasia legale. A promuovere l’iniziativa è l’Associazione Luca Coscioni
Sull’eutanasia esiste in Italia ancora un vuoto normativo. A nulla valse, infatti, l’ultimatum che 2 anni fa – in seguito alla vicenda di dj Fabo, accompagnato in Svizzera da Marco Cappato per porre fine alle proprie sofferenze – la Corte Costituzionale aveva imposto al Parlamento. La Lega, allora, si mise di traverso e non fu possibile legiferare in materia. Oggi, invece, è l’Associazione Luca Coscioni (di cui proprio Cappato è tesoriere) a far partire la raccolta firme per indire un referendum per disciplinare l’eutanasia legale.
Il testo, depositato il 20 aprile scorso in Corte di Cassazione, prevede nello specifico una parziale abrogazione dell’articolo 579 del codice penale (omicidio del consenziente), che impedisce la realizzazione di della cosiddetta “eutanasia attiva”. L’Associazione spiega che “in caso di approvazione si passerebbe dal modello della ‘indisponibilità della vita’ sancito dal codice penale del fascismo nel 1930, al principio della ‘disponibilità della vita’ e dell’autodeterminazione individuale“. Principio già introdotto dalla nostra Costituzione repubblicana, ma che ora deve essere tradotto in pratica.
La raccolta firme partirà ufficialmente il 30 giugno, con i banchetti dell’Associazione che saranno presenti in tutte le città italiane. Tuttavia, a Milano (angolo tra Corso Garibaldi e via Statuto) e Roma (Largo Argentina) sono già partiti i primi tavoli. Obiettivo: raccogliere 500mila firme fino al 30 settembre.
Eutanasia: cosa dice la sentenza della Corte Costituzionale del 2019
L’ordinamento italiano ha sempre peccato di un grave vuoto normativo nella regolamentazione e disciplina dell’eutanasia. Ciò ha fatto sì che, per anni, persone affette da patologie irreversibili e con gravi compromissioni delle funzioni vitali non avessero il diritto di scegliere di porre fine alle proprie sofferenze in maniera legale e riconosciuta. Lo stesso Fabio Antoniani (dj Fabo) dovette ricorrere nel 2017 al classico viaggio in Svizzera, dove l’eutanasia legale è regolamentata (gestita, però, da cliniche per lo più private), per esercitare il suo diritto. Fu Marco Cappato, attivista italiano per i diritti civili, ad accompagnarlo e ad autodenunciarsi al suo rientro in Italia. Per questo motivo fu accusato di istigazione al suicidio.
In quel caso venne sollevata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 580 c.p. nella parte in cui ancora prevede la punibilità di coloro che agevolano l’eutanasia di un soggetto, malato terminale, che pur abbia compiuto consapevolmente la scelta di procedere all’eutanasia, ma che non è materialmente in grado di compierla da solo, come nel caso di Fabiano Antoniani. Questione accolta dalla Corte Costituzionale che ritenne non punibile “chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli“.
Cosa cambierebbe con il referendum
Con il referendum, l’eutanasia attiva sarebbe consentita nelle forme previste dalla legge sul consenso informato e il testamento biologico. Sarebbe concessa, inoltre, in presenza dei requisiti introdotti dalla sentenza della Corte. Resterebbe, però, punita in caso di fatto commesso contro una persona incapace o contro una persona il cui consenso sia stato estorto con violenza, minaccia. Punita, inoltre, sarebbe un’azione commessa contro un minorenne.
Ad oggi, invece, l’eutanasia attiva è vietata in Italia. Sia nella versione diretta (se il medico somministra il farmaco alla persona che ne faccia richiesta, violando l’articolo 579 del codice penale), sia nella versione indiretta (se qualcuno prepara il farmaco che viene poi assunto in modo autonomo dalla persona). In questo secondo caso si incorre nel reato di istigazione e aiuto al suicidio (il già menzionato art. 580 c.p.), fatte salve proprio le cause di esclusione introdotte nel 2019 dalla Corte Costituzionale.
In ogni caso, alcune forme di eutanasia passiva – come l’astensione dall’intervenire per tenere in vita il paziente in preda alle sofferenze – sono già considerate penalmente lecite. Soprattutto quando l’interruzione delle cure ha lo scopo di evitare l’accanimento terapeutico.
“Ma molti casi ambigui creano condotte complesse o miste”, spiega l’Associazione. Spesso, infatti, non si distingue facilmente se si tratti di eutanasia mediante azione od omissione. “Da qui l’esigenza di ammettere l’eutanasia a prescindere dalle modalità della sua esecuzione concreta“. L’Italia ha, dunque, una nuova opportunità per riconoscere ai propri cittadini sofferenti un diritto universale. Una norma di civiltà.
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