Autocertificazione: cosa si rischia dichiarando il falso
Autocertificazione: cosa si rischia dichiarando il falso e quando una “falsa bugia” non costituisce reato di falsa attestazione a pubblico ufficiale
AUTOCERTIFICAZIONE – Ieri, lunedì 15 marzo, è iniziato il periodo di nuovo lockdown che prevede maggiori restrizioni, almeno in molte regioni. Infatti, secondo il nuovo decreto legge Draghi l’Italia è “chiusa” per pandemia fino al 6 aprile. Per essere più precisi, metà del paese è in zona rossa (Campania, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Piemonte, Veneto, Marche, Molise, Puglia, Trento). L’altra metà, invece, è in zona arancione (Basilicata, Bolzano, Toscana, Abruzzo, Calabria, Liguria, Sicilia, Umbria e Valle d’Aosta). Unica regione in zona bianca resta la Sardegna.
Quando è necessaria l’autocertificazione
In tale contesto e in determinate circostanze, per potersi muovere in questi giorni è necessario avere con sé un’autocertificazione che giustifichi i motivi dello spostamento. In alternativa è comunque consentito compilare il modulo al momento del controllo.
Se si è in zona rossa, infatti, l’autocertificazione è sempre necessaria: in questa fascia gli spostamenti – anche all’interno del proprio comune – sono consentiti solo per comprovati motivi di lavoro, salute o necessità. Mentre per le regioni in zona arancione gli spostamenti all’interno del proprio comune sono consentiti tra le 5 e le 22 e l’autocertificazione non serve. In tal caso è necessaria solo se ci si sposta in un comune diverso dal proprio.
Se l’autocertificazione non dovesse essere fornita si rischiano sanzioni amministrative che implicano il pagamento di una multa da 400 a 1000 euro. Inoltre, la sanzione può essere pagata entro 5 giorni con una riduzione del 30%, quindi 280 euro in totale.
Discorso diverso, invece, se si dichiara il falso nell’autocertificazione. “La veridicità delle autocertificazioni – spiega Palazzo Chigi – sarà oggetto di controlli successivi e la falsità di quanto dichiarato costituisce reato“. L’autodichiarazione, infatti, è resa a un pubblico ufficiale e se si dichiara il falso non scatta la multa, ma si rischia la denuncia per il reato di falsa attestazione a un pubblico ufficiale, previsto dall’articolo 495 del codice penale. Si tratta di un reato punito con la reclusione da uno a sei anni.
Il controllo sulla veridicità delle informazioni sull’autodichiarazione non avviene di solito al momento ma dopo qualche giorno o settimana, a meno che non ci siano sospetti evidenti che la persona fermata abbia violato senza motivo il divieto di spostamento. La verifica delle informazioni può avvenire chiamando il datore di lavoro, le strutture sanitarie o incrociando gli indirizzi di provenienza e destinazione scritti sul modulo.
Quando una “bugia” non è reato
Non sempre la “bugia” resa durante il controllo integra il reato di falsa attestazione a pubblico ufficiale. La falsità, infatti, deve riguardare fatti già compiuti e non semplici intenzioni, spiega ilSole24ore facendo un esempio: “Se chi viene fermato dichiara che sta andando a correre, ad esempio, ma viene denunciato perché sorpreso in tenuta incompatibile col jogging potrà far leva sul fatto che la giurisprudenza prevalente ritiene che le intenzioni non rientrano nel concetto di falsa attestazione“. Diverso è il caso di chi dichiari di essere stato al supermercato o in farmacia quando invece si trovava a casa di amici, contravvenendo ai divieti: stavolta non si dichiara un’intenzione ma un fatto che sarebbe già avvenuto.
Fonte: NapoliToday
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