Qualcuno volò sul nido del cuculo, dal cinema al teatro
“Qualcuno volò sul nido del cuculo”, celebre film diretto da Forman con Jack Nicholson, arriva a teatro con una versione tutta in salsa partenopea
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“Le grandi storie si riconoscono subito. Si possono leggere nei libri o vedere al cinema”.
Ed è proprio il caso di “Qualcuno volò sul nido del cuculo”, romanzo scritto da Ken Kesey nel 1962, che in seguito diventerà nel 1971 grazie alla sceneggiatura di Dale Wasserman, alla direzione di Miloš Forman e ad un’interpretazione di un magistrale Jack Nicholson un film che entrerà di diritto nella storia del cinema, vincendo ben cinque Oscar.
L’adattamento drammaturgico di Maurizio De Giovanni e il talento registico di Alessandro Gassman, hanno dato una nuova vita e una nuova strada, questa volta teatrale, alle vicende di Dario Danise, il nostro Randle McMurphy, e di tutti i pazienti di un ospedale psichiatrico aversano, affidando alla storia un sapore del tutto partenopeo.
La diversità, la follia, la malattia, la disciplina, il controllo e la libertà sono temi messi in scena in modo personale,ma restando sempre fedele,forse un po’ troppo, all’originale.
I due grandi protagonisti sono due personalità in conflitto tra loro. Da una parte infatti c’è Dario Danise, irriverente, ribelle, sfrontato e temerario e dall’altro lato invece ritroviamo il rigore, il controllo e l’intransigenza di suor Lucia, la quale tramite pratiche, talvolta anche coercitive, limita la libertà di pensiero degli altri pazienti. Soggiogati da un sistema repressivo fatto di grandi discorsi, ma anche di crudeltà e solitudine.
Il testo vive grazie alle simpatiche manie e ai rapporti solidi di amicizia degli “acuti”,ossia i pazienti che sono in grado di guarire.
Tra tutti i personaggi dell’ospedale spicca e non solo per la sua stazza, il gigante Ramon impaurito,disarmato e schivo nei confronti del mondo esterno, che immagina la realtà tramite sogni e allucinazioni, proiettati in modo interattivo attraverso le videografie, che interpongono un velo tra il palcoscenico e la platea.
Sarà proprio il suo personaggio a creare lo snodo narrativo finale e a ridare la speranza. Caricando il significato della morte come atto necessario per raggiungere lo stato di libertà e donando un senso di coraggio,poiché egli riuscirà ad abbattere la barriera che lo divide dal vero mondo,che non potrà mai essere più feroce delle insormontabili mura dell’edificio psichiatrico che circondano e gravano sulle vite monotone e malinconiche dei suoi abitanti.
Calato il sipario riecheggia il grido di libertà di cui questa opera si fa portavoce e si avverte la nostalgia dei personaggi,che nel frattempo non appartengono più alla fantasia di chi li ha inventati,ma diventano reali, fatti di ossa e di carne ed inevitabilmente di passioni e dolori.
Qualcuno volò sul nido del cuculo, dopo lo spettacolo del 2015 al Teatro Bellini, è partito per una tournée nei teatri di tutta Italia.
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