Gruppi Telegram, torna l’incubo: la denuncia di Francesca
Torna l’incubo dei Gruppi Telegram a tema pedofilia, pornografia e revenge porn. La denuncia di Francesca: «Io non ci sto più a vivere così. E tu?»
Lo scandalo dei gruppi Telegram a tema pornografia, pedofilia e revenge porn, rivelato lo scorso aprile, è tornato. Il servizio di messaggistica istantanea è nuovamente lo scenario di avvenimenti deplorevoli nei confronti di donne e ragazzine.
Un nuovo gruppo sulla piattaforma rievoca l’incubo che sembrava essersi concluso con la chiusura di “Stupro tua sorella” e “La Bibbia 5.0”. Cambia il nome, ma lo scopo è lo stesso: la condivisione di foto e video di donne o minorenni senza il loro consenso.
Le immagini sono tratte dalle fonti più disparate: foto intime di ex o semplicemente i selfie pubblicati su Instagram. Il tutto è accompagnato da commenti di persone che mettono in atto un vero e proprio stupro virtuale.
Le foto in questione, spesso, vengono accompagnate al nome utente del corrispettivo profilo Instagram, rendendo le vittime rintracciabili. In altri casi, alle immagini viene chiesto un voto di gradimento: i corpi di centinaia di ragazzine, gettati nella tana del lupo, diventano merce esposta in vetrina.
La denuncia
Francesca è solo l’ennesima vittima di uno di questi gruppi Telegram. Così inizia il suo racconto, pubblicato sul suo profilo Instagram: «Succede che una domenica pomeriggio un ragazzo ti contatta su Instagram mentre stai vedendo un film con mamma e papà. Fa i soliti commenti maliziosi, lo ignori. Ma poi ti chiede “sei tu quella del gruppo, vero?” e qualcosa non ti torna. “Quale gruppo?”, chiedi. “Non lo sai? Ti hanno messa in un gruppo su Telegram”».
In uno dei gruppi telegram è stata pubblicata una foto che la riguardava da vicino: «una foto di mia sorella, normalissima – racconta – che posava in spiaggia con il costume. Una foto postata da lei, alla quale veniva allegato il nome utente del suo profilo di Instagram, rendendola ovviamente rintracciabile dai predatori sessuali del gruppo. Rendendola esposta a dozzine di messaggi maliziosi, di avances, di occhi indiscreti che lei non aveva autorizzato».
E non c’è fine al peggio. Francesca scopre che per poter rimuovere i contenuti da quel gruppo, è necessario contattare un account anonimo e richiederne la cancellazione. La risposta è terrificante: per rimuovere la foto dal covo è necessario pagare. Si tratta, ovviamente, di pagamenti anonimi e non rintracciabili.
Conclude Francesca: «Questa è una storia di mercificazione, di violenza: è la storia di come ancora una volta il corpo di una donna, non importa di quale età, diventi poco più che una merce di scambio, il materiale per sfogare i propri impulsi. I nostri sorrisi diventano ammiccamenti, i nostri sguardi una provocazione, i nostri corpi carne da stringere, mordere, graffiare e poi buttare via».
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