8 marzo: le donne di Napoli che hanno fatto la storia
Nella Giornata Internazionale dei Diritti della Donna (8 marzo) vogliamo ricordare alcune delle donne di Napoli che hanno dato un contributo decisivo nello scriverne la storia
Tra la città di Napoli e le donne che l’hanno resa grande vi è un rapporto viscerale, che l’accompagna sin dalla leggenda della sua fondazione. Napoli, infatti, nascerebbe dal corpo morente di Partenope, straziata dal dolore dell’insensibilità di Ulisse alla malia del suo canto, trasportato dalle correnti sulle rive del fiume Sebeto. I Cumani, che consideravano la sirena una dea protettrice, proprio lì avrebbero fondato Neapolis, sull’altura del Monte Echia che su quella costa si staglia. Sulle spoglie di Partenope, poi, sarebbe stato eretto Castel dell’Ovo, il castello più antico della città. Una città che è donna nell’animo, che pone le donne al centro della propria cultura e del proprio culto fin dalla nascita. E tante sono state le donne che, nel corso della storia millenaria di questa città, hanno contribuito a scriverne un pezzettino. Oggi, 8 marzo, nella Giornata Internazionale dei Diritti della Donna ne ricordiamo tre.
La fondatrice dell’Ospedale degli Incurabili: Maria Lorenza Longo
Maria Lorenza Longo Requenses nacque a Lleida, in Spagna. Sposò nel 1483 Joan LLonc, vice-reggente della cancelleria di Ferdinando II d’Aragona e nel 1506, insieme ai suoi tre figli, seguì il marito a Napoli. Poco prima del 1509 rimase vedova. Nel 1510 ricevette una grazia di guarigione da una malattia che l’affliggeva sin da piccola, a seguito di un pellegrinaggio al santuario della Santa Casa di Loreto. Ricevuto il miracolo entrò nel Terz’ordine secolare di San Francesco assumendo il nome di Maria Lorenza.
Dopo essere tornata a Napoli, insieme al suo lavoro di tutrice e governante della contessa di Avellino Maria de Cardona iniziò a prestare servizio presso l’ospedale di San Nicola al Molo presso il Castel Novo.
Il contatto quotidiano con la sofferenza delle povere genti ma la indussero a fondarne uno nuovo per tentare di soddisfare le richieste dei sempre più numerosi infermi. In questo senso ricevette grande sostegno dai suoi potenti amici, eredità del suo passato da nobildonna. Aiutata in particolare da Ettore Vernazza, notaio genovese, fondò l’Ospedale di Santa Maria del Popolo degli Incurabili, nei pressi di Porta San Gennaro, inaugurato il 23 marzo del 1522. Anche grazie all’intervento del vescovo di Chieti Gian Pietro Carafa, l’ospedale ottenne numerosi privilegi dalla Santa Sede, in particolare durante i papati di Leone X ed Adriano VI. I suoi statuti vennero poi approvati da Papa Clemente VII con la bolla Ex supernae dispositionis dell’11 dicembre 1523.
La Longo fu governatrice dell’ospedale per dieci anni, quando scelse di abbandonarne la guida per fondare un monastero di vita contemplativa. Morì nel 1539. Nel 2017 Papa Francesco ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il decreto che ne riconosce le virtù eroiche, rendendola così venerabile.
Eleonora Pimentel Fonseca, figura di spicco della Repubblica Napoletana
Eleonora de Fonseca Pimentel nacque a Roma nel 1752 e fu una delle figure più importanti della breve esperienza della Repubblica Napoletana del 1799. All’arrivo della flotta francese a Napoli nel dicembre 1792 per il riconoscimento della neonata Repubblica francese, Eleonora è tra gli ospiti dell’ammiraglio Latouche Treville.
Già bibliotecaria della regina Maria Carolina d’Asburgo-Lorena, con lei aveva frequentato i salotti degli illuministi napoletani, in un primo tempo sostenuti dalla stessa sovrana. Il legame tra le due donne fu molto forte e trascendeva lo status di subalternità. Si interruppe, però, drasticamente con il sopraggiungere dalla Francia delle notizie che facevano conoscere i drammatici sviluppi della Rivoluzione, in particolare la morte di Maria Antonietta. La regina, che sosteneva il dispotismo illuminato, si sentì tradita da quei circoli che con lei avevano lavorato all’elaborazione di una monarchia moderna e che ora propugnavano l’avvento della Repubblica. Li combatté inflessibilmente, spinta anche dall’odio verso i giacobini responsabili della morte della sorella.
Eleonora, che era un membro importante di quei circoli politico-culturali, fu incarcerata nel 1798 con l’accusa di giacobinismo. Nel gennaio 1799, in seguito all’armistizio firmato a Sparanise tra il rappresentante del Regno ed i francesi che si stavano avvicinando a Napoli, fu liberata dai “lazzari”, che liberarono anche altri detenuti politici. Annotata tra coloro che il 19 gennaio si impossessarono di Castel Sant’Elmo per preparare l’arrivo alle truppe francesi, il 22 gennaio del 1799 era tra coloro che proclamarono la Repubblica Napoletana. Il 2 febbraio usciva il primo numero del “Monitore Napoletano”, periodico bisettimanale di cui era diventata direttrice il 25 gennaio. A seguito di ciò rinuncia al “de” nobiliare del suo nome.
Viene condannata a morte e impiccata nell’agosto seguente a 47 anni, dopo il rovesciamento della Repubblica e la restaurazione della Monarchia dei Borbone.
Matilde Serao, la prima donna italiana ad aver fondato e diretto un quotidiano
Matilde Serao nacque dal matrimonio tra l’avvocato napoletano Francesco Saverio Serao e Paolina Bonelly, una nobildonna greca decaduta. Scrittrice e giornalista di fama mondiale, è stata la prima donna ad aver fondato e poi diretto un giornale, il Corriere di Napoli. Successivamente, diresse anche Il Mattino e fondò Il Giorno.
Il giornalismo era per Matilde Serao terreno di osservazioni, di costumi, che lei portava poi nei suoi romanzi, spesso criticati ed etichettati come mondani. Tra i più importanti vi è “Fantasia” del 1883, il romanzo che la rese famosa nel mondo e che ricevette un’aspra critica da Edoardo Scarfoglio, colui che poi sarebbe diventato suo marito e grande socio in ambito editoriale. Altri romanzi importanti sono Cuore infermo (1881) e Addio amore (1890). Negli anni venti del ‘900 fu candidata sei volte al Premio Nobel per la Letteratura, senza, tuttavia, mai ottenerlo.
La scrittura ha accompagnato Matilde Serao fino agli ultimi istanti della sua vita. La giornalista, infatti, muore nel 1927 alla sua scrivania, colpita da un infarto mentre era intenta a scrivere. A lei sono intitolati vari premi in ambito giornalistico e letterario.
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