31 Marzo 2017

Don Aniello Manganiello denuncia: a Nola si muore ancora

Don Aniello

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Don Aniello Manganiello, il prete anticamorra, torna sulla questione veleni in Campania. “Nel triangolo della morte di Nola si muore ancora”, dice. “Durante la notte passano ancora decine di tir che interrano rifiuti provenienti dal Nord”, prosegue. “Il governo attuale ci prende in giro: troppe parole e pochi fatti”

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Don Aniello Manganiello, il prete anticamorra, torna sulla questione dei veleni nella Terra dei Fuochi.

Oltre ad annunciare l’ennesimo caso di tumore nel nolano, Don Aniello denuncia fatti scomodi, questioni davanti agli occhi di tutti.

Fatti amarissimi, che nessuno vuol vedere, ma che i colleghi de “Il Fatto Vesuviano” hanno posto in evidenza.

Don Aniello

triangolo della morte

«Stasera ho saputo che un’amica ha scoperto di essere ammalata di cancro. La strage continua nei territori del triangolo della morte di Nola. Siamo tutti terrorizzati dal pensiero di ammalarci, grazie ai camorristi del territorio campano che impunemente hanno intombato rifiuti pericolosi e radioattivi ovunque, ai prefetti, politici, amministratori locali che hanno guardato altrove, mentre centinaia di Tir attraversavano il casello autostradale di Nola, lasciando una scia puzzolente irrespirabile nell’atmosfera per lungo tempo».

E ancora: «Tir, tante volte scortati, dai carabinieri per arrivare più velocemente e senza contestazioni ai luoghi di intombamento. Dall’unità d’Italia niente è cambiato: al Sud pulizia etnica da parte dei piemontesi, fucilazioni di briganti senza regolare processo, impoverimento e sfruttamento dei territori del Sud con le porcherie provenienti dalle industrie del Nord. Il governo attuale ci prende in giro varando e approvando una legge sulla Terra dei fuochi per gettare fumo negli occhi e imbrogliare gli italiani, perché nulla è stato fatto per bonificare i territori inquinati».

Il triangolo della morte, nome con cui è stata definita una zona di territorio tra Nola, Acerra e Marigliano dalla prestigiosa rivista “The Lancet Oncology” resta dunque una spina nel fianco.

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