3 Luglio 2017

Addio Paolo Villaggio: ecco il suo legame con Napoli

paolo villaggio

Si è spento ad 84 anni, Paolo Villaggio. Tutti lo ricordano come Fantozzi, Napoli lo ricorda come il maestro di “Io speriamo che me la cavo”

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Se ne è andata oggi una figura eccezionale nel panorama cinematografico italiano: Paolo Villaggio, col suo corredo di stramberie, la sua personalità, portandosi via la maschera di Fantozzi. Villaggio era ricoverato da qualche giorno in una clinica privata di Roma a causa del suo diabete. Si è spento all’età di 84 anni.

Indimenticabili tutti i suoi personaggi, le scene e i tormentoni che hanno rappresentato l’italiano medio; tuttavia, l’attore ha un importante legame con Napoli e sopratutto con la sua lingua. Era il 1992, quando Paolo Villaggio diventa il maestro Marco Tullio Sperelli che dal Nord Italia finisce per errore – da Corsano a Corzano – in una scuola elementare nella provincia di Napoli. Si tratta del film “Io speriamo che me la cavo”.

Il film degli errori grammaticali

La pellicola è tratta dall‘omonimo libro di Marcello D’Orta ambientato nella città di Arzano, un comune nell’entroterra Nord di Napoli. Nella trasposizione cinematografica, Arzano diventerà Corzano – immaginario nell’hinterland partenopeo ma esistente in provincia bresciana.

Al di là delle incongruenze geografiche, il film presenta uno spaccato di vita sociale napoletana; tra camorra, contrabbando, povertà e poca disciplina, Paolo Villaggio si troverà a contatto con bambini assenti nelle aule, costretti a lavorare e intrecciati con il malaffare. A fare da cornice sono i dialettalismi ai quali il maestro si avvicinerà nei momenti opportuni: come dimenticare la scena «Gli dovevate dire zompapereta, l’insulto usato più e più volte all’interno del film – e dallo stesso Villaggio nella scena finale.

Ed è proprio il titolo del film, volutamente scorretto, a suggerire la spontaneità inconfondibile della lingua napoletana. Prima di ripartire per il Settentrione, uno degli alunni consegna a Sperelli un tema, che termina proprio con la frase «Io speriamo che me la cavo».

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